mercoledì 30 giugno 2004

La pirateria come modello di business

La provocazione di stamattina ha colto nel segno. Parlando di come Microsoft sfrutti la pirateria come leva di marketing, si è scatenata una rissa sulla mia casella di posta elettronica.
Riporto, sia per completezza che per competenza, quanto scrittomi ora da Luca.
Caro Mr Reset,
Ho appena scritto un post , in risposta al tuo post di oggi, sulla pirateria e sul marketing.
L’originale della frase di Bill Gates era:
“Nonostante si vendano milioni di PC in Cina, nessuno compra il software. Un giorno però lo compreranno. Finché lo ruberanno, vogliamo che rubino il nostro. Si abitueranno ad usarlo, e un giorno riusciremo a farglielo comprare” (Fortune, The Bill & Warren Show, 20 Luglio 1998)
[Meno male che c'è qualcuno che ha un database formidabile ;) ]
Il punto critico è: si abitueranno ad usarlo. Sapranno usare solo il software Microsoft. E scriveranno i loro documenti in Word. E le presentazioni in Powerpoint. E li invieranno ad altri per e-mail. E questi altri dovranno avere software Microsoft. E’ per questo che da anni Microsoft realizza versioni in cinese del proprio software nonostante tassi di pirateria che superano il 90%. E un giorno il governo Cinese, per rispettare gli obblighi assunti con i trattati internazionali (WTO, ecc.), comincerà a far rispettare il diritto d’autore.
Ma il discorso della pirateria come Marketing non funziona sempre. I casi in cui si sospetta sia stato usato sono:
Pay-TV: tollerare la pirateria nei primi anni, finchè non ci sono numeri sufficienti a sostenere il mercato
Console videogiochi: tollerare la pirateria finchè non sono state sbaragliate le console concorrenti (vedere la Playstation Sony e il crackdown su chi produce chip per leggere dischi masterizzati, che è avvenuto solo dopo la raggiunta dominanza del mercato)
Microsoft sui mercati emergenti
Il fattore comune sono le forti economie di rete: più sono quelli che hanno la Playstation, pià saranno gli sviluppatori di software interessati alla Playstation, più saranno i titoli disponibili, più sarà attraente la Playstation per chi non ha ancora deciso quale console comprare. Più sono gli acquirenti di software Microsoft, maggiore sarà l’incentivo a scegliere Microsoft per chi deve comprare nuovi programmi applicativi: nessun problema di compatibilità, più facile trovare chi sappia usarli, più facile trovare risorse educative, ecc.
Un altro fattore importante è il lock-in: se uso software Microsoft e voglio cambiare, dovrò imparare ad usare dei nuovi programmi ed essere sicuro che questi siano compatibili con tutti i file che avevo creato in precedenza e con tutti i file che i miei corrispondenti con software Microsoft mi invieranno in futuro.
In conclusione: è vero, permettere la pirateria può essere uno strumento di marketing efficace, in alcune situazioni.
Ma queste situazioni non si presentano spesso nel caso dei contenuti per entertainment: Sky può tollerare un pò di pirateria per far diffondere i set-top box, ma non sarà mai felice se i film per cui ha acquisito i diritti sono disponibili online. Scaricare brani mp3 da una rete p2p non è positivo per le case discografiche. Infatti, anche se l’artista piace, non si crea lock-in nel pubblico, più spesso vengono scaricati altri brani, che potrebbe essere utile per l’artista emergente che vuole attrarre più fan ai concert. Allo stesso modo, scaricare un film da una rete p2p non è positivo per chi produce e vende quel film, ma potrebbe essere positivo per chi mette pubblicità o fa product placement in quel film.
Se la pirateria svolge anche una funzione di marketing, è doppiamente anatema per l’industria dell’entertainment, che ha costruito il proprio business sul controllo dei canali di distribuzione e di quelli di marketing.
L’uso delle reti p2p come strumenti di marketing e di distribuzione richiede prima l’affermarsi di nuovi modelli economici dell’industria dell’entertainment: ad esempio, le licenze obbligatorie.
I sogni, purtroppo …

I modelli economici non ci sono o non li abbiamo ancora individuati e portati a galla?
Secondo me Skype è un buon esempio, sebbene tutto da dimostrare e da studiare giorno dopo giorno come abbiamo studiato e analizzato Amazon per anni (ma quanti hanno capito perchè ha funzionato?) L'interesse di questi signori per esperimenti come Giengine (7000 download del sorgente contro 25000 del client è un numero che fa pensare), e quello da parte di chi si occupa di instant messenging, mi dimostra che ci sono nuovi canali e nuove opportunità. Solo che non si è individuata la strada percorribile e funzionale. Sulla musica non si è trovata ancora una soluzione ed è forse l'ambiente più sviluppato e con maggiori interessi in ballo. iPod non riproduce i file con il Drm, come la maggior parte dei riproduttori Mp3 (la quasi totalità?) e il player è quasi esclusivamente Microsoft.
Mi sono battuto per anni sugli standard. Ma poi alla fine non so nemmeno se sia più la strada del terzo millennio o solo qun'ipotesi del secondo.
La discussione su questi temi continua.
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