lunedì 31 ottobre 2005

Uomo come commodity

Trovo oggi, sul Corriere Economia, un articolo di Pier Luigi Celli su come l'uomo poss considerarsi una commodity nel mondo del lavoro. In fondo ce ne sempre...
Imbarazante.
PS mi spiace ma non ho trovato il link sul nuovo sito del Corriere.

venerdì 28 ottobre 2005

RockPolitick e il Web

Dal Blog di Beppe Caravita, apprendo quanto segue sul sito della trasmissione:
non è consentito effettuare alcun framing o linking alle risorse del presente Sito da tutte le risorse della rete, salvo previa autorizzazione scritta del titolare.
Non male per essere un sito del 2005!

giovedì 27 ottobre 2005

Google: Microsoft e eBay

Trovo onestamente scandaloso il comporatmento di siti, giornali e blogger in tutto il mondo sulle vicende che riguardano Google.
Cercherò di spiegarmi.
Se Google è il miglior motore di ricerca e un competitor, vedi Microsoft, si getta nella mischia, si sprecano milioni di parole per criticare Microsoft.
Se eBay fornisce il miglior servizio di aste e di commercio elettronico on line e un competitor, in questo caso Google, vuole entrare in gioco, si sprecano milioni di parole a favore.
A parte, come direbbe qualcuno, l'onestà intellettuale di chi scrive, si perde come sempre il senso della misura intorno a fattori che sono legati strettamente al business e soprattutto agli andamenti delle Borse.
La Fiat produce la Punto. Se la Renault esce con la nuova Clio fa un danno, ma se esce la Nissan no? Ma siamo impazziti?
Secondo me sarebbe più corretto dire che la stragrande maggioranza di tenutari di blog e di siti, nonchè buona parte della stampa, è contro Microsoft. Punto.
Non che sia una cosa negativa, ma è necessaria l'obiettività oppure la dichiarazione di schieramento.
L'interista Bill Gates viene in Italia e spara stupidaggini sulla nostra situazione economica e su come uscirne, come se bastassero tre parole per risolvere i nostri problemi. Ma non è lì che bisogna attaccare Microsoft. Alla fine l'interista e la sua azienda fanno il loro mestiere: guadagnare e distribuire dividendi agli azionisti.
Come avviene per tutte le aziende di questa terra, ammesso che non sia partecipate dallo stato, ma qui entriamo in altri ambiti.
Ma Google fa della beneficenza o crea prodotti a fine di lucro? Quindi qual è la differenza tra Google e Microsoft?
OK, oggi il barometro della mia email si mette su tempesta, ma vediamo se viene fuori qualcosa di buono

mercoledì 26 ottobre 2005

Googlebase

Nuovo servizio di Google, in beta e a invito.
Si tratta di un sistema per salvare dati, data base e quant'altro e metterli a disposizione di tutti, grazie alla possibilità di ricerca.
Si possono salvare database di auto, ad esempio, che altri utenti potrebbero avere a disposizione immediatamente, direttamente dal motore di ricerca.
Il sistema mi pare geniale, anche se porta con se una serie di problematiche di copyright, correttezza delle informazioni e quant'altro che potrebbe pregiudicare il servizio.

martedì 25 ottobre 2005

Blog e aziende

I blog stanno diventando importanti nelle aziende, soprattutto in quelle di grandi dimensioni. Il blog viene utilizzato per fornire informazioni, idee, suggerimenti e creare interesse intorno a prodotti, brand, ma anche fare cultura aziendale, condividendo, per esempio, i passaggio di un processo produttivo, di un'innovazione, di un'idea di marketing.
I blog, però, sono spesso osteggiati dalle aziende. Il motivo è semplice: si possono dare informazioni all'esterno, quindi ai concorrenti e al mercato. Oppure si possono ricavare, leggendo altri blog, informazioni che possono distogliere l'attenzione sui progetti e sulle idee e gli obiettivi prefissati.
Sempre più spesso, le aziende filtrano i blog in modo che non possano essere letti all'interno dell'azienda. Una sorta di censura che mi pare molto miope. Prima di tutto perché la vita di un impiegato è tale anche fuori dall'azienda, quindi non leggere i blog in azienda non significa non leggerli in generale. In secondo luogo, ammesso che i blog siano tutti attendibili, ossia forniscano informazioni corrette, avere una pluralità di punti di vista allarga gli orizzonti, quindi si vede più lontano.
Per questo, e non perché questo è un blog, oscurare i blog è del tutto inutile e dannoso.

lunedì 24 ottobre 2005

I visitatori a Smau

Toni trionfalistici nel comunicato stampa di Smau: 170mila visitatori!
Io sarei preoccupato, al posto loro, dei soli 593 espositori, molti dei quali presenti presso stand di aziende di cui sono partner.
Non mi sono piaciuti i "buttafuori" che facevano da spartitraffico tra il consumer e il professionale.
Per il resto, la fiera non ha riservato sorprese, con qualche idea buona messa in piedi maluccio (il reality business di Sap ne è un esempio ecclatante).
Scopro invece, che a Serie A di Bonolis, Bill Gates ha detto di essere interista (qui). Già mi dà l'orticaria sentire parlare di videogiochi come "giochini", visti gli investimenti, il target e i milioni di giocatori al mondo, poi ci si mette Gates. Farà felice Linux e la Playstation di qualcuno...

venerdì 21 ottobre 2005

OpenOffice.org 2.0

Finalmente è uscito OpenOffice.org 2.0, il più accreditato rivale freeware di Microsoft Office. Lascio un link diretto per lo scaricamento qui, perché il sito è un po' sulle ginocchia da ieri (per me alla sera, visto che c'era ancora Smau).

Amd batte Intel

Riprendo integralmente l'articolo di Caravita dal sito del Sole. Otellini (CEO di Intel) è preoccupato, ma minimizza con gli analisti.
Un terremoto per l’industria dei Pc? Per la prima volta nella sua storia l’Intel ha perso il primato, nelle vendite di personal computer desktop negli Usa (negli ultimi sessanta giorni), a favore dei personal computer a motore Amd.
È quanto emerge da uno studio di Current Analiys, relativo ai pc desktop venduti sul canale Retail outlets nelgli Stati Uniti a settembre.
Amd, un tempo la cenerentola dei microprocessori, eterna seconda arrancante dietro la regina di Stanta Clara, chiude un trimestre da record. In particolare per il successo dei suoi microprocessori, che le fruttano vendite lanciate al 43% e profitti che svettano al 73%. Cifre che l’Intel, nei suoi rendiconti, non vede che da lontano.
Che cosa è successo tra i due rivali storici nei microchip di punta? Semplice: da un lato Intel, sulla fascia più alta dei microprocessori, ha collezionato due flop consecutivi (L’Itanium e poi il Pentium D, a doppio motore) e dall’altro Amd ha azzeccato la tecnologia, ovvero l’Hyperthreading a 64 bit, che non richiede mutamenti nel software ma accelera comunque, e consistentemente, molte funzioni del pc.
Il sorpasso Amd su Intel delle scorse settimane ha però tratti ancora più interessanti. Si concentra su una fascia di domanda di consumatori di pc molto evoluti, in primis i ragazzi delle comunità di videogiochi tridimensionali in rete, alla costante ricerca di pc di massima potenza, e dei relativi microprocessori.
Qui l’Athlon a doppio motore (dual core) di Amd sembra in netto vantaggio sul concorrente Intel. E per due motivi: innanzitutto, con la sua tecnologia a 64 bit, offer vantaggi di performance (in particolare sui calcoli grafici e tridimensionali in massa) sul Pentium D, ancora fermo a canali interni a 32 bit.
In secondo luogo perché il nuovo processore Intel fa un po’ paura al popolo della rete. Contiene infatti un motore microelettronico, inciso in silicio, che è (almeno potenzialmente) in grado di attivarsi e di controllare da sé ogni file “illegale” (copiato, crakkato, protetto, non pagato…) residente sul pc o proveniente dalla rete. E Microsoft ha già annunciato che questa tecnologia Drm (digital right management) sarà parte integrate del suo nuovo Windows Vista.
Per gli “smanettoni” è una prospettiva piuttosto terrorizzante. Vedersi il computer bloccato perché buona parte dei giochi, dei programmi e dei file non sono esattamente quelli che il duo Intel-Microsoft ammette. E che magari provengono dalle reti peer-to-peer di libero scambio, non esattamente i campioni del pagamento dei diritti digitali.
Per questo la notizia dell’uscita del Pentium D dotato di questi circuiti di controllo si è subito sparsa con toni allarmati nelle comunità di internet. E la decisione degli smanettoni è stata immediata: optare per Amd (che almeno finora non ha adottato alcuna soluzione Drm interna). Morale : nel mondo aperto dei pc non è conveniente presentare prodotti con i lucchetti incorporati.

giovedì 20 ottobre 2005

Per Mantellini

Non c'era la lavatrice intelligente, ma la poltrona comandata dal Media Center via telecomando. Non so se è la stessa cosa...

Considerazioni su SMAU

Ricevo e volentieri pubblico.
Caro Mr. Reset,
ieri sono stato a SMAU, giornata di apertura e di operatori. Sono andato con curiosità, facendo di tutto perchè il mio scetticismo - derivato dallo sconforto che seguiva la visita alla fiera negli ultimi anni - rimanesse ben chiuso in un cassetto. Insomma, non volevo che il pregiudizio influenzasse ciò che il nuovo corso di Cazzola metteva in mostra. Ebbene, sono felice di essermi piacevolmente stupito. E' uno SMAU ridotto, senza iperbole e allestimenti faraonici. Non si è puntato sugli effetti speciali. Gli stand sono essenziali ed efficaci. Le aziende presentano prodotti e soluzioni per ciò che sono. Ma, soprattutto, giravano le persone con le "facce giuste"!
Finalmente... Girando per tutti i padiglioni (esclusa un veloce puntatina al consumer - il 16), si potevano incontare uomini di azienda, visitatori con negli occhi l'interesse nella ricerca di prodotti e soluzioni. Pochissimi ma inevitabili i ragazzini, quelli che vacevano impennare i numeri delle passate edizioni, ma che erano vissuti dalle aziende come la biblica "piaga delle cavallette". Per molte aziende del settore, sappiamo che la partecipazione è stata quasi una scommessa. Sul tuo blog hai citato Cazzola che candidamente ha ammesso che la maggior parte delle imprese ha deciso di partecipare da settembre in poi. E questo la dice lunga sulle perplessità che gravavano intorno alla fiera. Eppure, nonostante il mio scetticismo di base, ieri ho visto i segni di una ripresa, di una voglia di lavorare in modo diverso. Lo stesso padiglione Microsoft (il 12) si è aperto non solamente ai partner, ma anche ad altre aziende, Si respirava più umiltà, più voglia di fare, di lavorare insieme.
Questa edizione di SMAU devo dire che mi piace, la sento più vicina (ma non troppo, c'è ancora molta strada da fare) alle esigenze delle aziende. Se vogliamo, un'edizione più PMI e meno Enterprise. Ecco, il mio è forse il punto di vista di una PMI, sempre alle prese con costi da razionalizzare, risorse da ottimizzare, innovazione di strumenti da valutare e necessità di crescita per sopravvivere. Allo SMAU ho finalmente visto aziende ICT che iniziano a considerarci come mercato, come potenziali clienti disposti a spendere in innovazione. Oggi, se riesco, vorrei andare a qualche convegno. Quello sull'e-commerce italiano di ieri ha rilevato che il fatturato B2B è cresciuto del 40% rispetto allo scorso anno. E anche questo è un segnale che la ripresa è in atto... E SMAU ne è un segnale.

Posso aggiungere una sola cosa: il segno dei tempi è rappresentato dai partner che sono presso lo stand Microsoft: ci sono nomi del calibro di Banca Intesa, Unicredit e Poste Italiane. La tecnologia esce dall'alveare. Il futuro si rinnova recitano molti cartelloni alle edicole di Milano, ma di certo si sta cambiando il futuro più vicino a noi, sta cambiando, e fa un po' sorridere dirlo, il quotidiano.
Seconda giornata di Smau, un sacco di affluenza, quasi inaspettata. Non mi son piaciuti i "buttafuori" che separano il consumer dal business. E nel consumer i decibel erano, oggettivamente, troppi per fare business.
Insomma, vedo ancora un po' in chiaro-scuro.

Smau 2005

Un po' di messaggi intorno a Smau. Innanzi tutto, a me la giornata di ieri, sarà per lo spazio più raccolto, non è dispiaciuta. C'era gente, non c'erano zainetti, si riusciva a parlare. Non so quanto business hanno fatto le aziende, ma non lo si viene a sapere quasi mai.
Il consumer è obiettivamente sacrificato, c'è proprio pochino e chi acquista il biglietto per vedere solo quello temo che resterà molto deluso.
Quest'anno, e qui so che faccio contento Mantellini, non c'è nessuna lavatrice intelligente, anche se a dire la verità non sono andato a vedere lo stand dei Media Center che potrebbe riservarci sorprese!
Una nota: bravo Emil Abirascid che ha curato uno spazio innovazione per Nòva 24 che è di buon livello.

mercoledì 19 ottobre 2005

Oggi apre lo Smau

Il Salone del Mobile e dell'Arredamento per Ufficio apre oggi solo per gli operatori, domani a tutti.
Temo che non si tratti di un'edizione memorabile della fiera, anche se l'organizzazione ha provato a fare qualcosa di nuovo.
A differenza di molti portali e giornali, non trovo che sia piacevole che Smau, un marchio per la tecnologia in Italia, sia caduto in basso. Il motivo è semplice: se la tecnologia deve essere il volano per l'innovazione nelle aziende, la fiera punto di riferimento del settore deve essere importante.
Trovo più corretto puntare il dito su come queste fiere si erano trasformate in kermesse, ma che ce ne sia bisogno di eventi per raggiungere il grande pubblico è inevitabile.
Si possono discutere i modi e i metodi.

martedì 18 ottobre 2005

Finanziamenti alle PMI

Microsoft ha impiegato un po' di tempo per trovare una banca che "vendesse" i propri prodotti alle aziende direttamente "allo sportello". Come aveva fatto tempo fa Sap, che attraverso Banca Intesa propone le proprie soluzioni alle PMI, ora anche Microsoft fa lo stesso, grazie a Unicredito. Quindi, un piccolo imprenditore può andare in banca e sentirsi fare la domanda: come sei messo ad infrastruttura informatica?
Non sono molto sicuro che la banca sia il posto migliore per fare divulgazione tecnologica, ma ogni strumento messo a disposizione delle aziende per cercare di essere più competitive è il benvenuto.
Chissà che cosa resta dell'iniziativa dell'"ABC" dell'informatica, ossia Aliperti, Bucci e Comastri, rispettivamente AD di HP, Intel e Microsoft (anche in questo caso rigorosamente in ordine alfabetico) di giugno. Per ora ha prodotto 14.000 richieste. Non male, ma nemmeno troppe.

lunedì 17 ottobre 2005

Quel che poteva essere

Oggi poteva essere il giorno dei giorni, come dice Ligabue.
Una parola l'ha trasformato in un giorno normale.
Si apre così una settimana intensa per chi si occupa di tecnologia, visto che apre Smau mercoledì e le aziende spingeranno prodotti e servizi a più non posso.
In alcuni casi conosci aziende e prodotto nuovi ed interessanti, ma nella maggior parte dei casi trovi solo cose trite e ritrite.

venerdì 14 ottobre 2005

Videogiochi portatili

Ogni tanto torno a parlare di giochi. Vorrei fare qualche considerazione sulle console portatili, visto che c'è molto fermento.
Vediamo però, di andare al di là delle chiacchiere e dei comunicati stampa.
Nokia con nGage ha fatto un buco nell'acqua, ma il prodotto e l'idea sono buoni, quindi spalmerà i videogiochi su altri modelli di cellulari, perché in fondo basta il sistema operativo, la memoria e una sd card.
PSP è per il momento un mezzo flop, nel senso che esistono buoni titoli, ma il prodotto è troppo fragile e ingombrante per essere portato in giro. Inoltre, aver provato a piazzarci i film non è stata una buona idea. Infatti, il principale concorrente in questo segmento sarà l'iPod video, anche se ha uno schermo piccolo, perché è più maneggevole e aperto ad altri standard video.
Nintendo sta vincendo la battaglia con Sony grazie ad un gioco strepitoso, sebbene semplisizzimo: Nontendogs. Ma non sta vincendo solo lì, perché il parco titoli disponibile non è paragonabile a PSP. Sta vincendo su un concetto di gioco allargato, la possibilità di giocare multiplayer anche senza aver il gioco stesso, la chat, ... Ma soprattutto il target di Nintendo è azzeccato: non solo ragazzini, ma anche un po' più grandicelli (Nintendogs è giocato anche dai quarantenni), mentre PSP è troppo sbilanciato sugli adulti, che se vogliono, si possono divertire in modo elettronico in altri modi, vista anche la disponibilità di spesa.
I giochi per cellulari, invece, spopolano e ormai non è difficile trovare nelle pensiline, in attesa, gente che gioca col cellulare, tanto che all'inizio uno pensa che si stia chattando, ma in metro non c'è campo.

giovedì 13 ottobre 2005

Perché l'iPod costa più caro in Europa

Ieri è stato presentato, ufficialmente, l'iPod video. Non mi dilungo su prestazioni e possibilità, ma sul prezzo.
Usa 299 dollari, Europa 349 euro. Dal mago del marketing ci si potrebbe attendere qualcosa di più. O sbaglio?

Perché tutti odiamo l'industria discografica

Un interessante articolo di Techweb sulle motivazioni per cui tutti quanti odiamo l'industria discografica.

Why Everyone Hates The Music Industry
by Fredric Paul, TechWeb.com
I recently read a research report from Forrester Research with the provocative title "Music Lessons: Is Your Industry At Risk?" That's a very important question these days, as the recording industry struggles with falling sales and critical challenges from new technology. No one wants to be the next passenger on that train.
But as I leafed through the exhaustive, well-thought-out report, I started thinking that the authors—along with most observers—may have missed the most obvious, most important points.
Subtitled "Why Media Monocultures Are In Big Trouble," the report posits that media businesses that derive all their revenue from a single source tend to exhibit rigid monopoly-oriented thinking behavior that makes them vulnerable to technological and cultural changes. True enough, but if you ask me, that's not what wrecked the record companies.
No, the record companies' real problem is that everyone hates them.
He Hate Me
Musicians hate them for habitually sucking the creativity out of the music and the profits from the CD sales. Usually they do it legally, if not morally, but all too often naïve musicians with few options end up swindled out of their rightful earnings.
And music lovers—don't call us consumers; music can't be consumed—see the record companies as greedy, clueless profiteers quick to jack up prices while placing limits on what music gets released and how you can listen to it.
Record companies add little real value to the process of creating and distributing music, and technological advancements make their role increasingly irrelevant. Movie studios and publishing houses still stand for something, some artistic orientation, but the big record companies don't. These days, who knows or cares which label their favorite artists happen to have signed with?
The only people willing to defend the record labels seem to be a handful of superstar performers who have gotten rich on the blockbuster mentality pervasive in the music industry. Or in the film industry—movie studios seem determined to follow the same antagonistic path. Oh, and a smattering of radio DJs who rake in the payola to play what they're told to play.
Forrester report author Josh Bernoff (with Chris Charron, Jennifer Joseph, and Tenly McHang) acknowledges that the music industry "was out of touch with users," but that drastically understates the severity of the problem. It's not that vendors (musicians) and customers (listeners) aren't in touch with the record companies, it's that they know them and loathe them. And that was the rule even before the companies started suing thousands of their best customers.
The Five Stages Of Musical Death
Forrester's report argues that the music industry is finally coming to terms with its situation. Adapting Elisabeth Kubler-Ross' famous five stages of death and dying to track the music industry's suffering (no, I'm not kidding), it argues that the industry has moved beyond "shock and denial" (stage 1) over Napster to "anger" (stage 2) by suing file-sharers, through "bargaining" (stage 3) by offering digital music subscriptions and into "depression" (stage 4) when it realized that approach wasn't going to work. The fifth and final stage, "acceptance," comes as iTunes exceeds half a billion legal downloads and the industry tries new download services.
I'm not convinced. iTunes was a good start, but that service still has more digital rights restrictions than I'd like. And the companies are once again bickering with Apple over pricing and DRM issues. Plus, they're still suing listeners, and they still don't see their own culpability in their demise.
Making Money From Those Who Won't Pay
One positive sign: Universal Music, the world's largest record company, recently announced that it's "transforming itself into a broader entertainment company that derives more revenue from untapped sources like advertising and apparel," according to Reuters. The goal is to "tap into the enormous demand for free music, and generate revenue from those who can't or won't pay." Instead of being obsessed with controlling how people listen to music, a few record execs may finally be starting to recognize that they need a new business model, that selling recorded performances can no longer be the cash cow it was during the 20th century. (And really, is that such a bad thing? Most of the money from CD sales never reaches the artists anyway, and it makes more sense for records to be loss leaders for live performances and other merchandise. Mariah Carey might have to sell one of her houses, but she'll be OK.)
But most insiders still seem to want to finesse the rights issue. I recently chatted with Stefan Roever, CEO of Navio Systems in Cupertino, Calif. Navio supplies technology to record companies so they can "sell rights, and not just files." The idea is that these rights would offer more flexibility, because listeners could use the right to access the content on multiple platforms, for example, or to download the file again if your media was lost or destroyed. But I think that's putting the cart before the horse. People don't want "rights" to the music they buy. They want to own it. Only when everyone accepts that fact will we be ready to worry about what Navio is selling.
Don't Hate Me Because I'm Rich
It may be too late for the music industry. But what does Forrester's report tell us about other technology and media sectors? Well, I guess if your industry exists in a monopoly monoculture, heavily depends on a single channel and revenue stream, and steadfastly refuses to change along with advancing technology and cultural shifts, it's clearly time to start worrying. According to Forrester, that means TV networks, radio networks, and especially newspapers.
But I say all that stuff is just window dressing. If your vendors and customers hate you, you're dead.

Nesta e la PlayStation

Ieri leggevo sui più autorevoli quotidiani che Alessandro Nesta, giocatore del Milan e della Nazionale, si sarebbe procurato la rottura di un tendine della mano giocando con la PlayStation.
A parte la cretinata evidente, perché sfido chiunque, anche un novantenne, a giocare ininterrottamente con la Play e vedere che cosa accade ai tendini, quasi quasi mi sembra che si tratti di un'abile mossa pubblicitaria. Magari nata inconsapevolmente, ma poi cavalcata ad arte.
Oddio, quelli di Sony dovrebbero essere davvero furbi, molto più di quel che sono in realtà.
A parte la provocazione gratuita, la tecnologia entra nella vita di tutti noi, tanto che se un calciatore si fa male ad una mano non viene in mente che si tratti di uno scontro di gioco, bensì di un aggeggio tecnologico. E poi la commistione tra informazione, comunicazione e pubblicità rende sempre più difficile trovare i confini.

mercoledì 12 ottobre 2005

Smau: dolce attesa

Ho titolato in questo modo perché da un lato mi sono stati consegnati dei cioccolatini all'uscita, ma anche perché non ho mai incontrato tante donne incinta, neanche fossi alla Mangiagalli!
A parte alcuni dati rilevanti, come chi acquista un biglietto consumer non potrà recarsi nell'area professionisti, mi pare che ci sia stato un certo impegno da parte dell'organizzazione nel cercare di creare un evento significativo.
Non capisco, però, come si possa pretendere di aver fatto un bel salone organizzato se, per stessa ammissione di Cazzola, l'85% delle aziende ha acquistato lo spazio nel mese di settembre. Ma staremo a vedere.
Un punto di domanda grosso come una casa per me resta e-Accademy, nato sulla base di webbit, che prevede corsi di 50 minuti su vari argomenti, in cui il visitatore potrà crearsi un percorso formativo a piacere o farsi consigliare da aziende e università.
Cinquanta minuti, e lo dico per esperienza, sono davvero poca cosa per cercare di spiegare qualsiasi argomento tecnico, anche a bassissimo livello.
Un punto secondo me lodevole, è rappresentato dai convegni, che almeno sulla carta mi sembrano davvero interessanti.
Non resta, quindi che aspettare mercoledì per vedere Smau, uno Smau che ha perso il 40% degli espositori. A coloro che rispondono felici al fatto che l'area business è per addetti ai lavori perché finalmente ci sarà la calma e non la calca, li aspetto venerdì pomeriggio, mezzo assopito. Se avessi detto sabato e domenica sarei stato ingeneroso.

lunedì 10 ottobre 2005

Google Reader

A Google Reader, preferisco di gran lunga GreatNews.
I lettori di feed Rss sono tutti piuttosto facili. Google ha il vantaggio di funzionare indipendentemente dal computer e dal sistema operativo, ma è probabilmente meno pratico di un software che svolge questo compito.

venerdì 7 ottobre 2005

Una bella soddisfazione professionale

Personalmente, oggi è una delle giornate, dal punto di vista professionale, più belle della mia vita. Vedere un progetto preso da un concorrente, copiato alla grande nei contenuti ma non nello spirito. Fosse la prima volta! In questo periodo mi son morso la lingua più volte, e continuerò a farlo, nel senso che non parlo, non ho quasi mai parlato in queste pagine, dei miei prodotti, dei miei articoli, degli affari miei. E non parlo per contratto.
Punto.
Oddio, in questo blog si parla spesso degli affari miei, ma è un altro paio di maniche.
D'altronde, parlare alle aziende, per me, significa parlare di soluzioni, software proprietario e Open Source, di blog e aziende, di facce, idee e prodotti.
Poi ci sono anche le commistioni con la pubblicità (ogni prodotto editoriale si regge sugli introiti pubblicitari, pensare il contrario è semplicemente da ipocriti). Ma la pubblicità è quasi incidentale.
Devo ammettere che sono davvero contento. Qualcuno può pensare che sia incazzato nero: non mi conosce, mi sono incazzato, questo sì, ma passa in fretta, basta ragionarci sopra. Le idee sono nell'aria, non brevettandole, chiunque le può prendere, basta alzare le antenne.
Signori, così va il mondo. E va bene così.

giovedì 6 ottobre 2005

La business integrity

Ieri ho incontrato John Thompson, Ceo di Symantec. Una persona a modo, davvero tutta d'un pezzo ma alla mano.
Era in Italia per parlare della nuova Symantec. Mi ha parlato della strategia, delle continue acquisizioni, di come sia necessaria una tecnologia solida e protetta. Mi ha parlato di come il budget IT nelle aziende non tenda a crescere, ma di come invece sta migliorando la gestione delle infrastrutture nelle aziende. Mi ha parlato del costo dello spam per un'azienda (147 euro all'anno), dei 150 milioni di sottoscrittori di prodotti Symantec che accedono a LiveUpdate e di come questo strumento sia efficace ma non sufficiente a bloccare gli attacchi.
La business integrity, parole che vanno di moda in questo periodo, per Symantec significa ambienti e dati sicuri e protetti, che significa spostarsi dalla protezione dei dati all'assicurazione degli stessi.
Ho visto una persona attenta, precisa, con idee chiare. Non per niente, è l'unica azienda nel settore che si occupa di tutti gli ambienti operativi, non solo di Windows. La sua sensazione è che Linux non crescerà ancora molto nei desktop, almeno per il prossimo anno, ma ci potrebbe essere un'invasione di media center con Linux, che potrebbero esporre gli utenti casalinghi ad attacchi.

mercoledì 5 ottobre 2005

Video iPod

L'annuncio dovrebbe avvenire la prossima settimana.
Qui una foto "rubata".

Microsoft che acquista AOL?

La notizia fa il giro del web da un paio di settimane. Una volta si accredita, una volta si scredita. Ma ritorna. Quindi, probabilmente, c'è sotto qualcosa di vero.
A parte il fatto che dubito fortemente che le autorità negli USa permettano tale acquisto/fusione, ci sono delle considerazioni da fare, non del tutto banali.
Netscape si fonde con Explorer, e questo mi pare un qualcosa di storicamente rilevante per il web.
La seconda è che Msn e Aol controllano larga parte del mercato nordamericano della connessione ad internet, e si creerebbe un polo fortissimo, ma forte solo in una parte del mondo. Il web si è esteso ovunque, e con "il concorrente ad un clic da te" la presenza geografica non è particolarmente significativa (Skype ha recentemente insegnato qualcosa).
La terza considerazione è che il web è ormai qualcosa di maturo, e quindi è necessaria un concentrazione dei player per sopravvivivere. Ma siamo sicuri? Google ha avuto un'esplosione in poco tempo, Skype altrettanto. E poi oggi la pubblicità on line funziona e garantisce introiti, al contrario della bolla del 2000. Possono nascere modelli di business interessanti e del tutto nuovi, cambiando le regole dei mercati.

martedì 4 ottobre 2005

Business week parla di ecosistema Open Source

Una bella articolessa su Business week, che farà la gioia di qualcuno a Redmond.
Eighteen months ago John Roberts, Clint Oram, and Jacob Taylor decided to quit their jobs at Epiphany, a maker of customer-relationship software. The trio wanted to target the same market, but write a new application developed using open-source code. It took them only three months to create the program and just another month to close their first round of funding. Little more than a year later, their company, SugarCRM, has given away more than 325,000 copies of its software, and raised a second round of capital, for a total of $7.75 million.
Giving away software isn't your typical path for a venture-capital-backed startup. But Roberts & Co., are smack in the middle of the next frontier of the open-source movement: business applications. "No one had funded an open-source application company at that point -- it was all infrastructure," says CEO Roberts. "We broke a glass ceiling."
Consider it shattered. The open-source movement is making another big thrust forward. Entrepreneurs, investors, and many analysts say they're confident that all of a company's business software -- representing hundreds of millions in sales -- will soon be available as open source. "I don't think there are any limits," says Ray Lane, a Kleiner Perkins Caufield & Byers partner and software industry veteran.
ONE STEP AT A TIME. Many of Lane's colleagues agree. Venture capitalists have pumped nearly $400 million into 50 open-source companies in the last 18 months -- and more are on the way. That may not seem like a lot of money, but bear in mind these companies are incredibly capital-efficient. They don't need to hire armies of salespeople or engineers because the open-source community does a good deal of the heavy lifting.
Investors have funded new ventures offering everything from broad business applications like business intelligence programs that monitor company operations to very specialized applications, like running a hospital's computer systems.
Every open-source program companies download, investors say, marks one step closer to changing forever the applications business long dominated by the likes of SAP (SAP ), Oracle (ORCL ), and Microsoft (MSFT ). Software that companies once paid millions for is now available for free via the Internet. Harried tech managers can simply download an operating system or application and play with it -- no need to free sizable chunks of the budget or get the board to sign off, as is the case with big, multimillion-dollar purchases. And since this is open source, they can customize the programs on the fly to better fit their needs.
WHOLE ENCHILADA. A new open-source ecosystem is emerging. While a big push is on to develop more applications, the movement is much broader: Tech-services companies are popping up to jump-start adoption of all of this open-source software.
Consider SpikeSource, headed by software veteran Kim Polese, who founded Marimba and is one of the original developers of Sun Microsystems' (SUNW ) Java software. SpikeSource was incubated at Kleiner Perkins under Lane's watch. "We were looking at these open-source component companies like MySQL and JBoss, and every one of these things is just a little piece of a big puzzle," says Lane. "We said, 'Why don't we play the whole puzzle?'"
SpikeSource, and competitor SourceLabs, both act as a go-between for big corporations and open-source projects, finding, testing, and evaluating ideas by the hundreds. Then they consult with companies on how to implement them, and provide support if something goes wrong. For legal safeguards, there are even startups like BlackDuck, a Waltham (Mass.)-based company that digs into whatever open-source code a company has downloaded to make sure the licenses are all in order to avoid liability issues.
TRAILBLAZERS. "It was really a Wild West when we started with open source," says Charlie Brenner, senior vice-president of Fidelity's Center for Applied Technology, which manages its open-source projects. The financial services giant is an investor in SpikeSource -- and also a customer. "SpikeSource is a perfect example of a company doing for the external world what we've done internally. It's well worth the price for us."
The Linux operating system, which burst on the scene in 1991, led the first big wave of open-source software. The program, developed and maintained by thousands of volunteers, already represents a $4.2 billion slice of the $49 billion server market, and is set to grow at least 15% a year for the next five years.
In the Web-browser market, open-source champion Firefox has captured an 8% share of the business. That's not much when you compare it to the 87% share held by Microsoft's Internet Explorer. But Firefox has been steadily growing -- knocking IE's share of the market to under 90% for the first time in years. Not many software companies have been able to chip away at the giant of Redmond.
BOTTOM-LINE IMPACT. Then came infrastructure companies such as MySQL, a challenger to Oracle's database business, and JBoss, which markets open-source application-server software to compete against proprietary programs sold by BEA Systems (BEAS ) and IBM (IBM ) (see BW Online, 7/8/05, "The Myth of Open-Source"). So far, these companies are mostly small and private, but they're doubling and tripling in revenue every year.
More impressive, many already are profitable, thanks to the low cost of operating an open-source business. Analysts expect MySQL to make $40 million in revenue this year. "We're probably one of their biggest customers," says Greg Gianforte, chief executive of RightNow Technologies (RNOW ), which hosts software that manages call centers for companies.
Gianforte says his company has slashed expenses by running entirely on open-source software. "[Open source] has a tremendous impact on the profitability of the business," he says. His tech costs, which include personnel, communications, and equipment, now run approximately 6% of revenues -- down from around 20% if he used all proprietary software or as high as 40% for top-of-the-line proprietary software, he adds.
BUZZ WORD. A gold-rush mentality is developing in open source. Many venture capitalists are so eager to find the next hot vehicle, they're going so far as to scour Web sites that coordinate ongoing open-source projects, looking for anything that promises to blossom into a business.
Entrepreneurs are every bit as eager. The words "open source" are finding their way into pitches and PowerPoint presentations around the world. After Nick Sturiale, partner at Sevin Rosen Funds, invested in open-source startup XenSource, which makes software to manage efficient use of computing power, more than 30 entrepreneurs came to pitch him open-source ideas.
Sturiale didn't fund any of them, and more than half weren't worth a second meeting, he says. "There's a flash crowd developing, and it's unfortunate," he says, skeptical that many of the deals being funded will make it. "There are too many VCs and not enough growth markets."
FREELOADING. Of course, it's too early to tell if these companies will sprout into thriving ventures and produce venture-style returns. Most business models rely on giving the software away over the Web, then either charging for a souped-up version of the program or for training, maintenance, and support.
But revenue continues to be a problem. While open-source companies trumpet hundreds of thousands of downloads, on average just about 2% of those customers are actually paying any money. After all, just because every piece of software companies rely on to run their businesses can be replicated with open-source alternatives, that doesn't mean there's a market for it, caution analysts.
The upside is that many more companies will try open-source software because it's free. The viral nature of the Web and the open-source community means companies don't need a costly sales organization. Instead of hiring expensive, experienced salespeople and investing a lot of money and time in closing deals with skeptical CIOs, open-source companies just put their code online. Developers within companies often download the software for a test drive. Word of mouth spreads the news. Before long, young companies such as SugarCRM and JasperSoft are getting tens of thousands downloads a day, without spending a dime on sales calls.
NICHE DWELLERS. Because of this low cost of entry, some companies are skirting the venture-capital route altogether. Two of the oldest and most successful application companies, Digium and Compiere, have never taken a dime of funding, nor have they needed it. They may never develop into $1 billion businesses, but they've carved a nice niche in the open-source landscape. Jorg Janke, founder of Compiere, says he has turned down numerous offers of venture-capital funding.
Compiere makes open-source enterprise resource-planning software. It's a tough category, because the program runs everything from a company's accounting to manufacturing to human resources. The software usually takes a lot of customization and can cost companies millions of dollars to install and maintain.
Even so, companies have downloaded nearly 900,000 copies of Compiere's software since the outfit was launched in 1999. Janke doesn't delude himself that big companies will pick Compiere over SAP or Oracle, but he has found interesting niches in the midsize business world -- prisons, for example. Most have several small businesses running within them, such as license-plate manufacture, and need some low-cost software to manage those operations. "We didn't even target them," he says. "They found us."
THREE REQUIREMENTS. But Compiere makes money on only a small percentage of its customer base. It relies on a network of some 60 independent resellers to do a lot of the customization its software requires. Some implementations reach the $50,000 range, but Compiere takes just a small cut of that. But with very low overhead, the company has been profitable since 2003 and is doubling revenue every year, Janke says. "Our business model isn't to conquer the world or to be super-profitable," he says. "We just want to have a sustainable business."
Companies with venture backing will have to do better than that. And because only a small percentage of downloaders are paying customers, they'll have to do far more volume than the average startup. That worries some investors.
Danny Rimer of Index Ventures has been one of the more aggressive investors in open source. Having funded MySQL and voice over Internet protocol company Skype, Rimer isn't turned off by a business model that relies on free downloads to gain steam. But making such businesses successful requires three things, he says.
First, it has to be a commodity product, like database software in the case of MySQL. It also has to be a type of software that's so common companies know what it is and why they need it before they consider replacing their existing software with a no-frills alternative. And it needs a huge market of users so frustrated by the expense or hassle of existing software that they're motivated to try open source. Rimer thinks there's opportunity for some of the service companies and infrastructure companies. But when it comes to open-source applications, he's not so sure the commodity market is large enough.
BIG GUNS. Rimer may have a point -- at least in the near term. Even the biggest proponents of open source aren't moving their entire businesses to it any time soon. "We're great enthusiasts of open source, but we're still very much committed to the systems we get from large vendors," Fidelity's Brenner says. "We rely on large-scale commercial vendors' applications, and we're not likely to move away from them."
Over time, if the software works as advertised, you can bet companies like Fidelity will move more and more of their business to open source. But it will be a gradual process -- and that could spell trouble for VCs betting too heavily on it now. "A small business that's highly profitable making $15 million year in and year out isn't going to move the dial for us," Rimer says. "We're looking to invest in major software vendors."
The new generation of open-source companies will soon get the chance to prove just how mainstream their software can become.

Programmi Linux installati al volo

Si tratta di un sito interessantissimo: klik.atekon.de, promette e mantiene di fare installare una bella schiera di programmi nei PC con Linux in un lampo, senza troppa preoccupazione. Una piccola ma significativa rivoluzione nel mondo Linux.

Google farà anche un Office?

Sun e Google fanno una presentazione, attesissima. Ovviamente c'è un annuncio alle spalle. Io per certo so che una parte degli sviluppatori di Star Office sta realizzando una versione in Java, che sta totalmente on line. Un po' azzardato.
OpenOffice.org non è di Sun, ma è realizzato su codice di Star Office, che non è Open Source.
Magari il prodotto annunciato oggi è questo. Magari anche no.

Pazzo per Nintendogs

Ok, è tanto che non parlo di videogiochi. Ma ieri mi son scaricato le Demo di Pro Evolution Soccer 5 e di Fifa 06 (avevo già la demo per la PS2). Poi ho provato Nintendogs e sono andato a letto alle 2, impartendo gli ordini al mio cane e accarezzandolo. Non ho avuto il coraggio di mostrarlo ai miei figli.

lunedì 3 ottobre 2005

Radio e blog

In questo periodo non ho molto tempo per scrivere su questo blog. In qualsiasi caso, segnalo una cosa strana: Deejay mette on line i blog, 105 altrettanto.
Ma siamo sicuri che non sia una moda?

sabato 1 ottobre 2005