mercoledì 17 gennaio 2018

I giornalisti, gli editori e i creatori di contenuti non sono apprezzati dalle parti di Menlo Park

Un dato di fatto.
Facebook non ama i contenuti prodotti dai brand e dai giornali. Progressivamente negli anni ha deciso di mostrarne sempre meno nei feed degli utenti, ma con l'ultima mossa, ha messo la parola fine alla questione: solo pubblicità, altrimenti briciole.



L'inganno degli instant article è finito, così come la condivisione dei guadagni pubblicitari con gli editori sugli stessi, perché la cosa non ha mai funzionato a dovere.
Adesso, in nome dell'abolizione delle fake news, verranno mostrati prevalentemente i post di amici e parenti: sai che noia!



Questo è il terzo colpo ben assestato ai media.
Il primo era al concetto di brand.
Il secondo al concetto di autorevolezza, alla base, da sempre, del rapporto di fiducia tra editore/giornalista/creatore di contenuto e utente/cliente.
Il terzo è al business model dei giornali, perché se la visibilità la si conquista solo a pagamento (in percentuale le condivisioni degli utenti è limitata), il sistema non si regge più.
Certo, resterebbero le revenue potenziali dai video, che apparentemente non verranno penalizzati, ma anche qui si guadagnano centesimi di euro (sono buono e dico 50) per 1000 visualizzazioni.
Sembra quasi un'elemosina.
Facebook era impegnata a trattenere l'utente nella piattaforma, adesso lo costringerà ad uscire per trovare le informazioni, perché "queste non gli cadranno più addosso."
Le cose sono due: o si tratta di una forma di controllo innovativa sugli utenti (innovativa è un eufemismo), oppure hanno deciso di perdere clienti.
La Borsa non sta premiando la scelta di Mark.
Vedremo cosa accadrà in futuro.