mercoledì 28 luglio 2004

La musica, i diritti e i brevetti

La pirateria è un problema? Facciamo delle leggi? Mettiamo in vendita dei prodotti per lo scaricamento e l'ascolto di musica digitale?
In queste domande si riassumono i problemi di un sacco di aziende, persone e attività intorno alla musica. Se il P2P è visto malissimo dall'industria, è visto benissimo dai consumatori e da chi distribuisce software libero. Per cui ci deve essere, necessariamente, una via di mezzo.
La vicenda di Real Networks che ha trovato un sistema per infilare la propria musica coperta da drm (diritti digitali) sugli iPod è un esempio di come si possa sfruttare, credo legalmente ma non non ho la certezza, un sistema di qualcun'altro per vendere musica. In pratica, anche sistemi apparentemente chiusi possono essere aperti, per non dire craccati (termine in gergo informatichese per dire che è stata forzata una protezione). C'è un danno per Apple? Sì. C'è un danno per le case discografiche? No, anzi.
Lo stesso accadrà con la musica sui cellulari e poi con i film. Tre ci propone la TV sul cellulare, fra un po' ci metterà uno sceneggiato, poi passerà ai film. Alice di Telecom lo fa già. Insomma, siamo invasi dal digitale, dal drm e non se ne è accorto nessuno. O meglio, le major e i discografici fanno finta di niente.
Segnalo un lungo post di Beppe Caravita sul tema, del quale condivido moltissimi punti e molte preoccupazioni.
I legislatori sono più preoccupati a bloccare la pirateria spicciola che quella al dettaglio e in grande stile, basta passare per un qualsiasi mercato di strada a Milano per rendersi conto di come sia tornato a fiorire quel commercio illegale (addirittura adesso trovi, oltre ai dischi e ai dvd, anche software come antivirus, fotoritocco, montaggio video...).
Che il fenomeno avesse assunto connotati preoccupanti non vi erano dubbi. Che sia un bene per il sistema è tutto da discutere.
Leggo in questi giorni un sacco di articoli e ricerche che dimostrano che lo scaricamento medio dei file è sopra i 100 Mb. Questo significa almeno una cosa: non è la musica il motore del P2P. In secondo luogo, però, non vedo necessariamente che si tratti di prevalentemente di film, piuttosto di sistemi operativi di grosse dimensioni, che stanno fiorendo e prosperando. Pensiamo ai service pack di Microsoft (oltre 400 Mb per Windows Xp sp2 in beta da scaricare) e via di seguito.
La pirateria c'è, esiste, c'è sempre stata. Va controllata. Ma è fisiologica come insegnano i furti nella grande distribuzione. Pensiamo ad un nuovo problema per le major e per i cantanti. Decollano i sistemi Drm. Ma sono, ovviamente, craccabili. Se arrivasse sul mercato un'azienda che distribuisse i file, regolari, e non passasse l'intero numero ai produttori. Che cosa accadrebbe? Non è un caso ipotetico: nella distribuzione dei giornali avviene normalmente, l'editore deve riprendersi i resi per contarli e quindi fare le pulci alla fatturazione sbagliata (sempre a danno dell'editore!). Sui diritti digitali, cosa ci vuole a truccare i dati? In fondo, ci sono delle transazioni economiche, ma non legate al file stesso. Vedi che un utente ha pagato 1 euro per qualcosa, che poi sia stata una mia canzone-suoneria o di un altro fornitore non è dato sapersi.
Insomma, le case discografiche e le major, non disponendo del know how in casa, si affidano a delle strutture esterne. E pensare che acquistare quel know how sarebbe stato facilissimo ed economico, di fronte agli investimenti faraonici a cui sono abituati. Per cui, questi signori, tra un po' piangeranno per altri problemi. E così via. Sony è l'unica che si sta attrezzando per chiudere il cerchio della distribuzione digitale.
Fanno bene i cantanti che alla fine dei concerti si vendono i dischi. Lo facevano già negli anni 60 e 70. Adesso hai addirittura il Cd del concerto a cui hai assistito! Per il cinema un sistema del genere non è possibile, ma The Passion ha insegnato qualcosa...
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