Vorrei fare qualche domanda a Confindustria, visto che a Bruxxelles ha espresso parere favorevole ai brevetti software.
La prima è di carattere generale: leggo da tutte le parti che l'economia ristagna, che stiamo andando male e via di seguito. Faccio presente che il PIL in questi anni è sempre cresciuto, quindi, vedendola dal punto di vista dell'imprenditore, si tratta di aumento del giro d'affari. Se le nostre aziende crescono del 1% anno su anno e razionalizzano i costi, vanno a lavorare meglio sui margini, le aziende prosperano. In questo settore, quello dell'ICT, ci sono aziende che si accontentano di non perdere fatturato e mantenere le posizioni.
Confindustria dice [...] Sulla riduzione delle quote di mercato delle imprese italiane ha inciso la liberalizzazione del commercio internazionale e la concorrenza di alcuni paesi emergenti come la Cina, i cui principali settori di esportazione sono quelli in cui l'economia italiana è specializzata. Tale apertura internazionale è avvenuta in maniera repentina e talora senza rispettare le regole del commercio internazionale.
A parte il fatto che qualcuno ha aperto il WTO alla Cina senza vedere se rispettava le regole, e quindi ha delle colpe, mi pare indubbio che non si possa additare alla sola Cina i problemi che ci affliggono come paese e come settori industriali. Rendiamoci conto che nei prossimi anni il flusso di finanziamenti europei diminuirà, a favore di nuovi paesi accolti con gioia nella Comunità Europea. Ci mettiamo anche il peso dell'euro, che per giochi di qualcuno, continua a rivalutarsi sui mercati, rende la partita con la Cina ancora più aspra sul fronte dei prezzi. In fondo, ai tempi della Prima Repubblica, bastava una svalutatina e ci mettevamo di nuovo in corsa (il Presidente Ciampi dovrebbe saperne qualcosa, ma è quello che ci ha portato l'euro più vicino alle 2000 lire, dicendoci che siamo stati bravi, piuttosto che alle reali 1500).
Ebbene, dopo tutto questo, che cosa ha fatto Confindustria in questi anni? Dov'era? Perché non ha alzato la manina per dire che ci sono problemi? Ma ora capisco: parla di problemi che non conosce, nel senso che da quanto detto, si evince che la perdita di competitività c'è stata soprattutto per le PMI. Gli industriali, quelli "illuminati", andavano in Cina con i nostri governi a fare affari, a produrre a basso costo, a "portare la civiltà e la cultura".
Sempre Confindustri ha detto [...] diritti di proprietà intellettuale e, in maniera particolare, i brevetti servono proprio a questo scopo [investire in R&S] e costituiscono un importante strumento di sviluppo e di crescita per le imprese, soprattutto le PMI, che, per mezzo di essi, possono ottenere un consolidamento dei propri vantaggi di business (quando questi siano basati su qualità e fatti tecnici) non altrimenti conseguibile. Ma quindi ci stiamo riferendo a brevetti normali, protezione del proprio know how?
I diritti di proprietà intellettuale consentono, infatti, di realizzare un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti e di ottenere una protezione ampia nei confronti di eventuali imitatori e contraffattori. Non solo, essi permettono altresì di:
- proteggere i risultati degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo di prodotti ad elevato valore aggiunto o nuovi servizi che si caratterizzino in termini di nuove ed inventive soluzioni tecniche (la bilancia commerciale dell'Europa è positiva grazie ai prodotti di alta tecnologia, es. medicinali, apparecchiature elettroniche e meccaniche, ecc.);
- difendere dall'imitazione la differenziazione che è il risultato di tali investimenti;
- permettere alle imprese che non dispongono di risorse finanziarie di accedere a finanziamenti (per gli investitori riveste grande importanza il fatto che l'azienda detenga un portafoglio di brevetti);
- concedere licenze di utilizzazione a terzi in vista della commercializzazione e dell'immissione sul mercato dei prodotti protetti e dunque ottenere profitto dalle invenzioni messe a punto;
- ottenere accordi di licenza incrociata con altre imprese che abbiano proprie tecnologie brevettate per combinarle con le proprie al fine di offrire prodotti unici e non copiabili da terzi;
- ottenere valore dalla propria impresa: il valore della propria impresa è più chiaro ed è maggiore quando il business su cui essa si basa è protetto con brevetti o altri diritti di proprietà intellettuale;
- ottenere partecipazioni nelle imprese (diverse dalla propria) che fanno uso delle proprie tecnologie brevettate (o di altri diritti di proprietà intellettuale).
Ma il ricorso alla non brevettabilità del software permetterebbe di poter crescere insieme ad altre, a fare distretto, che potrebbe diventare un distretto di competenze virtuale e non solamente fisico.
Il combinare le licenze, mi pare una cavolata sacrosanta, nel senso che esistono delle licenze OpenSource, ad esempio, ma non voglio metterci l'Opensource per forza, perché la questione dei brevetti software non riguarda solamente l'OpenSource, che permettono lo sfruttamento commerciale e la compatercipazione ai progetti.
Comunque, in qualsiasi caso, i computer e l'informatica devono diventare una commodity per le aziende, e quegli operatori che lo stanno capendo sono quelli che stanno crescendo a cifre enormi nel mercato. Parlo di Sap, Oracle, Microsoft, Sun, Atos Origin e compagnia cantante.
Soluzioni che, sto banalizzando, sono molto simili tra loro ma che hanno un approccio al problema diverso l'uno dall'altra, ma in qualsiasi caso si basano su pacchetti già pronti, da andare semplicemente, si fa per dire, ad assemblare. Lo stesso avviene per aziende italiane, come TC Sistema o Gruppo Formula, tanto per fare dei nomi. E così avviene per tante piccole imprese ICT che si stanno muovendo in questo senso, utilizzando i più disparati sistemi informativi, compreso il reperimento di sorgenti aperti. Il sistema economico prospettato da Confindustria è assolutamente chiuso, in cui chi ha il know how sfrutterà per sempre la propria posizione dominante sui nuovi arrivati. Una sorta di medioevo industriale, in cui ci sono i Conti e il popolo.
Ancora da Confindustria [...] Pur rimanendo il software non brevettabile di per sé, la tutela diretta del software in quanto attua, e in subordine a, invenzioni brevettabili di prodotto o processo, costituisce un elemento importante per lo sviluppo di nuove tecnologie. Si pensi, per citare soltanto uno dei possibili esempi, alla sempre più frequente convergenza tra informatica e telecomunicazioni che rende possibile lo sviluppo di nuove architetture di rete e quindi l'offerta di soluzioni tecniche innovative che corrispondono ad esigenze del mercato che non hanno ancora trovato risposta.
Se il software non è brevettabile di per sé, lo sono i processi che li usano? Quindi un'architettura di rete, secondo Confindustria sarebbe brevettabile. Peccato che la rete per eccellenza, Internet, si sia diffusa proprio per la non brevettabilità (o comunque parziale). Stiamo parlando di ricadute commerciali da invenzioni o da brevetti di assemblaggio di varie tecnologie? Perchè se io uso due tecnologie non ie per creare un prodotto nuovo, io non posso brevettare il nuovo prodotto, sebbene sia un processo innovativo. Ma lo sanno? Faccio un esempio: mi invento un nuovo tipo di browser 3D, usando vari brevetti (jpeg per le immagini, di visualizzazione, dei clic e via di seguito). Così facendo io non posso brevettare il mio prodotto (non c'è nulla di innovativo se non l'idea, che è brevettabile ma opinabile), ma dovrò pagare fior di quattrini a chi ha brevettato le jpeg, il click del mouse, la visualizzazione e così via.
Accumunare la brevettabilità al diritto d'autore, oltre che una sciocchezza, è un esercizio inutile. [...] la possibilità di cumulare la protezione conferita dal diritto d'autore con quella brevettuale per le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici. Le due protezioni riguardano infatti aspetti differenti dell'innovazione e non sono tra loro in contrapposizione;
- una protezione non solo tramite rivendicazioni di dispositivo/sistema (product) e metodo (process), ma anche, in subordine a rivendicazioni di prodotto o processo, mediante rivendicazioni di "programma per elaboratore" ("computer program product"), che permettono di verificare e colpire per contraffazione diretta (non solo per induzione alla contraffazione) eventuali contraffattori;
- la brevettabilità di soluzioni tecniche che riguardino (e/o siano funzionali a) l'interoperabilità fra sistemi diversi (ancora nel rispetto dei vincoli sopra richiamati).
Io mi invento un nuovo sistema per riscuotere le tasse e quindi ho il diritto, in quanto inventore, di avere un riconoscimento da ogni dichiarazione dei redditi?
Ma di fatto, fatemi capire, non è già così? Se io scelgo un Erp Sap piuttosto che di Gruppo Formula non scelgo e pago un premio che riconosce il "programma per elaboratore" all'azienda che lo ha prodotto e che me lo vende. Io non acquisto il supporto su cui mi distribuisce il prodotto, io acquisto le funzionalità, l'assistenza, la consulenza e una parte dei costi di produzione dei codici sorgenti. Il prezzo della soluzione informatica non prevede già questo?
Il prezzo di un'automobile non è al chilo, ma tiene conto della ricerca e sviluppo, del lavoro degli operai, delle concessionarie, delle autofficine.
Ma l'ultima parte del discorso di Confindustria mi lascia tramortito. [...] Soprattutto le PMI possono ben utilizzare il sistema brevettuale al fine di mantenersi competitive rispetto ai migliori concorrenti (incluse le grandi imprese) in termini di business e capitalizzare in termini di valore (nella propria o altrui impresa) i risultati del proprio ingegno e delle proprie iniziative.
Proprio le tecnologie moderne abbassano la soglia di accesso alla creazione di nuovi risultati tecnici da parte di piccole imprese. Per contro, la riscrittura del codice, non richiede attività di R&S, ma l'impiego di risorse qualitativamente diverse e spesso quantitativamente disponibili in grandi aziende. Queste non hanno difficoltà ad usare tali risorse quando vogliano conseguire significativi risultati tecnici quali sono a volte (non sempre) quelli brevettati. In assenza di una protezione brevettuale, le grandi imprese avrebbero buon gioco a sviluppare simili soluzioni tecniche, sia pure indipendenti in termini di software, rispetto a quelle innovative sviluppate dalle PMI.
Vorrei capire che cosa significa la frase la riscrittura del codice, non richiede attività di R&S, ma l'impiego di risorse qualitativamente diverse e spesso quantitativamente disponibili in grandi aziende. Si parla di copiare il codice a mano? Le grandi aziende hanno dei vantaggi perché copiano il codice a mano e quindi la disponibiità di personale è la chiave di volta? Le grandi imprese, in quanto grandi, possono copiare a mano il codice delle piccole?
Cerchiamo di essere seri e non finire nel ridicolo.
Non si copiano le righe di codice a mano. Qui parliamo, probabilmente, di altre pratiche, certamente meno eleganti.
Il bello dell'OpenSource, ma anche del software proprietario, è che se mi serve del codice per un determinato problema, lo integro nella mia soluzione, piuttosto che integrare un webservices nella stessa.
Vorrei, ora, sapere chi è che ha scritto questo testo per Confindustria, perché che ci siano degli incompetenti in Confindustria è grave. Che poi abbiano avvallato questa posizione è altrettanto grave.