giovedì 3 marzo 2005

Il P@tto

Prima di parlare di quanto accaduto ieri a San Remo, vorrei parlare della parola patto. Fin dall'antichità, il patto è qualcosa di più importante della legge. Lo si vede già nella bibbia, nella quale si crea il patto tra Jahvé e Israele sul Sinai, la cosiddetta alleanza. La legge ne è una conseguenza del patto, una parte dello stesso. Siccome mi piace cercare di portare un po' di completezza intorno ad un'informazione/evento che di per sé è difficile da capire, proverò a racchiudere in questo post il maggior numero di link possibili al fine di mettere il lettore in condizione di capire il problema nella sua globalità. Solo il web e un blog possono probabilmente svolgere questo ruolo. Mi asterrò da commenti il più possibile.
Ebbene, ieri si è celebrato un patto che, per la stessa ammissione dei firmatari, è da definire come insieme di linee guida per l'adozione di codici di condotta per la diffusione dei contenuti digitali nell'era di Internet.
Qui trovate il rapporto della commissione.
Qui la lettere d'impegno dei ministri.
Qui le linee guida.
Qui trovate l'elenco dei firmatari.
Devo dare atto che, come ha scritto 01net, da un lato si vogliono sostenere le iniziative per la produzione e la diffusione di contenuti digitali per valorizzare la cultura nella rete, dall'altro si vogliono studiare e mettere in atto iniziative idonee a combattere il fenomeno dell'illegalità.
A parte tutti i bla-bla dei ministri, mi pare interessante l'ultima parte del comunicato stampa: [...]Inoltre, si è ipotizzata la messa a punto di possibili interventi normativi con l'obiettivo di “non criminalizzare” il Peer-to-Peer e la diffusione legale dei contenuti, considerando che le norme devono essere sufficientemente flessibili da non rappresentare un freno allo sviluppo delle tecnologie e del mercato.
Non vogglio addentrarmi in considerazioni con sfondo politico, come ha fatto brillantemente ZeusNews, parlando di tanto fumo e poco arrosto e spiegando i motivi che hanno portato alla firma di un simile patto.
Anna Masera, il primo marzo ha scritto sulle pagine della Stampa, un pezzo interessante, che trovate qui. Ne prendo un breve passaggio.
[...]Un documento ricco di dichiarazioni di intenti che entra nel tecnico con frasi come «favorire lo sviluppo e l’adozione di sistemi di Digital Rights Management», ma che ignora il dibattito in corso su «chi» concede i criteri di gestione dei diritti di proprietà nell’era digitale. E ancora: «promuovere la disponibilità e l’utilizzo di contenuti digitali secondo modelli di pubblico dominio e licenze alternative...», senza però dichiarare che un bene prodotto con i soldi dello Stato deve essere liberamente disponibile, e che già esistono forme giuridiche innovative per la diffusione dei contenuti come Creative Commons (www.creativecommons.it). Insomma: un patto sbilanciato verso la tutela dei precedenti modelli di creazione e diffusione delle idee, anziché su quelli innovativi, protestano associazioni come la Free Software Foundation Europe, che vorrebbe che ogni autore fosse realmente libero di scegliere quale forma di protezione assegnare alla sua opera.
A questo punto, visto che sono partito dall'antichità, mi piace tornare a riferirmi alla storia. Questo patto mi pare più simile al Trattato di Vienna che ad un reale intento di far crescere il mercato in modo naturale.
Il senatore Fiorello Cortiana, presidente dell'Intergruppo Bicamerale per l'Innovazione Tecnologica (mica l'ultimo arrivato), dice che si tratta di un'occasione persa per essere davvero innovativi e finanziare la ricerca anzichè fare del proibizionismo. Servirebbe ben altro, come l'abbassamento dell’Iva sui beni culturali.
Per cui, invece di passare allo sharing della cultura, abbassando i prezzi dei prodotti con la riduzione dell'Iva, si abbatte lo sharing di idee, contenuti, servizi. Ignorare il creative commons, i blog, i podcast e via di seguito è un problema serio. Chi fa podcast, per esempio, dovrà pagare una tassa come una radio. Se poi non avrà assolto al diritto d'autore presso la siae, rischia anche la galera. Ha senso?
Forse la commissione Vigevano doveva occuparsi di qualcosa di più importante che non affermare le posizioni del passato. E' ovvio che le industrie corrano attorno al travolo: il business del DRM è enorme e fa gola a tutti. Ma soprattutto fa gola a una trentina di nome dei 50 firmatari.
Tra parentesi, c'è Buongiorno Vitaminic, che senza entrare nel merito delle email e via di seguito che in questo caso non mi interessa, offre dei contenuti, come una battuta al giorno, del quale ben si guarda di pagare i diritti di chi l'ha creata, anzi, elegantemente spesso ci mette come autore "anonimo". Chiedete ad un po' di comici famosi, quelli di Zelig, per esempio, se non si incazzano un po'.
E poi mi fa vomitare il susseguirsi di comunicati stampa di aziende firmatarie del patto, che portano nuova linfa al casino che si è già creato aggiungendo dei loro pensieri ad un patto in cui non sono assolutamente scritti. Interpretazioni che aggiungono fumo al fumoso patto.
Mi auguro che le associazioni consumatori vigilino. Se saranno capaci di comprendere i passaggi e vederne le trappole.
Interessante la dichiarazione di Gianluigi Chiodaroli, presidente della Società Consortile Fonografici, cioè chi gestisce i diritti musicali discografici, che ha tre figli adolescenti. So bene che tutte le famiglie saranno preoccupate, perchè lo sono anch’io come padre, che sgrido i miei figli se vengo a sapere che scaricano musica illegalmente. Sicuramente la legge non basta, è un problema culturale. Mi chiedo che cosa farà, in qualità di padre, qualora capitasse che uno dei figli venisse "beccato" online: preferirebbe pagare le sanzioni o lasciarli processare? Temo di conoscere la risposta.
Un altra cosa: c'è una dichiarazione del Ceo di Dell che mi sta facendo riflettere. Il Congresso Usa e i tribunali dovrebbero evitare di imporre nuove restrizioni sul modo in cui i consumatori fruiscono i computer e altri apparecchi per ascoltare la musica digitale e vedere i film. Si propone quindi, una guerra "santa" tra chi produce dispositivi e chi produce i contenuti. Qui il patto è firmato da entrambe le parti. Curioso.
Insomma, si parte maluccio. Ma si può ancora peggiorare. Credetemi.
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