Qualche giorno fa avevo scritto un post che è dientato piuttosto famoso sul web.
Fimi: Buffoni si nasce, nel quale parlavo della crescita dichiarata della vendita di musica e di come invece questi signori piangano miseria.
Ora scopro che la paventata riforma Siae sta scontentando gli autori, pronti a traslocare presso altre "agenzie" europee per farsi meglio tutelare.
Da questo blog, da sempre, si dice che la tutela per gli autori non esiste. Tanto che, alcuni cantanti hanno addirittura deciso di camminare con le proprie gambe, distribuendo i propri dischi da soli. Le casi discografiche, di fatto, controllano il mercato in lungo e in largo e non esiste MP3 o iPod che tenga.
Infatti, il mercato della musica regolare on line è ancora in mano a questi signori.
Ma il bello è questo: hanno creato una lobby tale per cui hanno convinto il governo a pensare ad una riforma della Siae, ma al tavolo non si siedono né gli autori né gli editori.
Vorrei spostare un po' più in là la discussione.
Siccome il diritto d'autore non esattamente un patto stretto tra chi produce, crea e gestisce qualcosa e chi ne deve fruire, mi pare il caso che, se si siederanno glia tuori, dovranno esserci anche i consumatori. Poi si litigherà su chi, ma conta relativamente.
Ma siamo sicuri che non sia il caso che il governo e il parlamento legiferino sull'argomento in piena autonomia? Perché in caso contrario sarebbe come creare una commissione composta da venditori di benzina per decidere chi deve gestire e decidere il prezzo di vendita: si chiama cartello questo genere di pratica. Siamo sicuri che si voglia questo?
E una domanda: il parlamento, visto quanto è accaduto per la Urbani (90% di voti a favore) è autonomo su questo argomento o la lobby ha fatto il suo dovere?
Il diritto d'autore è un sistema per cui si concede, a differenza del libero mercato, un periodo di tempo per sfruttare in modo monopolistico la proprietà intellettuale. L'idea è quella di vedere riconosciuto, all'artista, un compenso equo che permetta di guadagnare e la possibilità di creare. Ma proprio per questo diritto, allo scadere dei tempi pattuiti, l'opera diventa di pubblico dominio. I tempi, però, si allungano!
Stiamo parlando di gente che vuole riconosciuti i loro diritti creativi di creazione per 90 anni! Stiamo parlando di un vitalizio!
Abbiamo un caso con cui confrontarci: è un po' la storia dei brevetti software che si ripete nella musica. Lì qualcosa è successo. Qualcuno si è mobilitato.
Sempre per allargare la discussione,
segnalo un mio vecchio post in cui parlavo delle tasse sulla fruizione della musica che ci stanno tritanto e spremendo piano piano.
Che il problema dei diritti della musica, del cinema, del teatro non siano solo italiani, lo dimostra anche la rivolta che sta avvenendo a livello mondiale.
Secondo
music.tinfoil.net, il sito ufficiale della RIAA ha subito alcune ore fa un attacco di hackers che lo hanno "defacciato" per contestare l’associazione ed è stato possibile scaricare gratis degli MP3 dal sito dell'associazione.
E poi parliamo di chi organizza qualsiasi cosa, dalla festa di paese ad uno spettacolo di belletto: chi non si è scontrato con quei "grossi professionisti" della Siae in discussioni ridicole e inutili, perché tanto questi hanno sempre ragione e noi si deve solo pagare?
Chi crea ha il diritto di ricevere il compenso. Ma non può dientare la sua pensione. E poi perché se scrivo un libro una parte dei miei proventi finisce ad una major discografica o cinematografica e una minima parte ad un cantante?
Qualche tempo fa ponevo l'assurdo di pagare i diritti per salvare su CD le foto dei miei figli e vedere riconosciuti dei migliardesimi di euro a Michael Jackson, che probabilmente sarebbe anche stato disposto a pagare per vedere quelle foto?
Il sistema è da cambiare, ma le major fanno di tutto per distogliere l'attenzione dal fatto che loro speculano sui diritti, sia sulle spalle dei fruitori che su quelle degli autori. E qui gli autori non dicono nulla. Parlate con gli Elio e le Storie tese...