La Siae, i vergini e le verginelle
Non so se devo parlarne, visto che sono iscritto alla Siae, ma il balzello sui supporti vergini non mi va giù.
La Fimi (Federazione dei discografici italiani) dice che è necessaria e che prende forma la cornice giuridica ritenuta necessaria allo sviluppo di un mercato musicale digitale legale.
Come dice l'ASMI (Associazione Supporti e Sistemi Multimediali Italiani) sostengono che nel resto d'Europa le aliquote sono più basse, ma è una falsità: rispetto ai loro colleghi francesi, tedeschi o spagnoli, un autore, un artista o un produttore discografico italiano percepiscono dal 2000 al 4000 % in meno come compenso per la copia privata. Affermano anche che laddove le tariffe sono state elevate il mercato dei CD-R si è contratto: e anche questa è una falsità, perché l'espansione della domanda dei CD registrabili, nel mondo, è un fenomeno irrefrenabile. Per anni hanno goduto di condizioni privilegiate rispetto ai loro colleghi esteri, ma questo non ha impedito loro di praticare prezzi identici a quelli correnti nei principali mercati internazionali: viene da pensare che per anni abbiano lucrato margini considerevoli, che oggi potrebbero utilizzare per non scaricare gli aumenti sui consumatori. Il diritto alla copia privata viene negato dalla contemporanea legittimazione dei sistemi di protezione dei supporti che impediscono di fatto la duplicazione.
Non lo so chi ha ragione e chi no, ma so che spenderò di più per fare il backup dei miei dati, di cui non gode i diritti nessuno.