Questo e' un periodino un po' intenso.
Sara' il salone del mobile, sara' il deisgn, sara' la primavera, ma non ho mai tempo di fare quello di cui avrei voglia.
Cosi' ho postato poco, o risposto poco al telefono e alle mail.
Non ho avuto ancora modo di installare il primo service pack di Vista in italiano e questo non e' un buon segno.
Una volta una cosa del genere non restava li' se non per qualche ora: qui si parla di giorni.
E ancora non l'ho fatto, conto di trovare il tempo domani, ma si slitta a venerdi'...
Come non ho avuto il tempo per preparare una domanda per Steve Ballmer o di aggangiare un lampadario in casa.
Inoltre stasera ho fatto incavolare un centinaio di persone parlando di design e innovazione.
Ho detto solo che il design puo' nascere ovunque, ma solo in Italia trova terreno fertile. Un'ovvieta', se vogliamo, che ha scatenato una discussione accesissima tra italiani e stranieri. Io ho detto una banalita', come spesso mi capita, e da quella banalita' e' nato un problema: siamo degni di essere la patria del design o ci dobbiamo accontentare di esserne la culla?
Il design e' solo di prodotto o e' anche di servizio o di processo?
Quando ho portato quale esempio di innovazione di servizio le prepagate teefoniche, la gente ha capito un po' quello che dicevo, ma ormai era tardi, la frittata era fatta e non si riusciva piu' a prendere la parola, il mio inglese, poi, non e' stato di aiuto.
Mi sembra un po' un mondo di matti, e forse io sono uno di loro.