Il 29 aprile restarà per sempre una data indelebile per questo blog. Il record di visite è stato talmente pazzesco che mi sono persino chiesto se i dati fossero reali.
Sappiamo, infatti, che Analytics ogni tanto sbaglia o non conta.
In passato ho avuto l'occasione di sfiorare i 40mila visitatori in un giorno, ed era il periodo in cui cavalcavo la libertà della rete.
L'assestamento è stato rapido, per giungere a 7mila lettori al giorno di media (4mila dal web, 3mila rss), indipendentemente che io scriva qualcosa oppure no.
Venerdì sono stato il primo a raccontare di Aruba, ma non ho, come nel mio stile, puntato il dito sul provider, bensì ho invitato a riflettere su come la nostra economia del web sia fondata su basi ancora molto fragili.
Non ho volutamente parlato del danno che mi stava arrecando il disservizio, perché avrebbe distolto l'attenzione: quel che mi interessava era riuscire, in qualche modo, a sensibilizzare sul "problema" cloud e far capire che "le sfighe" possono accadere, sempre e comunque, ma la differenza la fa la capacità di reagire.
Aruba, che il web ha condannato, ha reagito, sebbene non in modo tempestivo come ci si potrebbe attendere, ma ha messo online quasi tutto in 8-12 ore.
Adesso, passata la tempesta, chi opera sul web e chi vuole essere presente sul web, deve interrogarsi seriamente su questo fatto: 12 ore sono un tempo accettabile?
Dal mio punto di vista, e lo dico avendo un magazine che non è andato online nel giorno d'uscita, è tollerabile. Accettabili sarebbero state 4 ore.
Ma 12 ore in un anno sono un tempo sostenibile per un business online?
Dico questo perché credo che ognuno di noi abbia provato, sulla propria pelle, la mancanza di connessione internet non per qualche ora, ma per giorni, spesso per cause futili (saltato un router della centralina, un cavo spezzato, ...).
Qual è stata la sensazione?
Impotenza, chiaramente, mista a rabbia.
Ma per contratto, ogni provider internet ha 48 ore di tempo per ripristinare la connessione, sia aziendale o sia casalinga.
E' accettabile nel 2011 in un paese tra i grandi della terra?
Perché, se vogliono continuare a raccontarci la storiella che stiamo tra i paesi più ricchi, oggi non possiamo fare a meno del web. Papa Giovanni Paolo II, visto che in questi giorni non si parla d'altro, nel 2000 aveva una connessione web nelle proprie stanze: 11 anni fa!
Ma pensate che rispetto a 11 anni fa le cose siano molto diverse?
Dove sono le dorsali, dov'è la fibra, perché una Vodafone realizza un progetto per portare il web in 1000 comuni italiani?
Siamo indietro, e la nuvola, il cloud computing potrebbe essere un'opportunità.
Signor Tremonti, visto che non ha mai mangiato un bit, si chieda cosa pensa del web chi raccoglie la tassazione sui guadagni della Borsa, dove ogni transazione avviene in forma telematica (che parola dal suono antico!)?
Non mangerà bit, caro Tremonti, ma è evidente che i bit fanno mangiare tutti. Pensiamo, sempre per rimanere in ambito PA, alla sanità: non faranno mangiare i bit, ma di certo aiutano a tenere in vita e dare delle speranze alle persone.
Per concludere, parliamo di eProcurement e di quanti milioni di euro sono stato risparmiati (forse l'ordine di grandezza non sono nemmeno i milioni)?
Aruba ha dimostrato che il web è vulnerabile, ma dobbiamo imparare la lezione: nel scegliere il fornitore di servizi cosa dobbiamo chiedere come garanzia? Quali penali inserire?
Pensate per un attimo di avere il miglior provider, quello che garantisce il 99.999999% di uptime, ossia di presenza attiva in un anno, poi ci colleghiamo con una connessione che, in caso di guasto, fa intervenire i tecnici in 48 ore.
Avrebbe un senso?
Ricordo, a fini statistici, che l'1% di uptime corrisponde a 88 ore all'anno. Cioé, il concetto di "praticamente sempre online" si traduce in 88 ore di blocco all'anno. Non conta se siano di giorno, di notte, quando c'è bisogno o quando non si connette nessuno.
Pensateci, perché da questo dipenderà il futuro.
Il futuro di tutti, che si intenda, non solo della rete.