L'innovazione nel nostro paese arriva anche da investitori esteri.
E sì, perché il nostro paese è riuscito ad attrarre investimenti stranieri in ricerca e sviluppo, cosa che non accadeva da anni.
Domani vado a vedere un centro di eccellenza al sud, profondo sud, creato (in parte) con denari stranieri.
Chi lo dice è la United Nations Conference on Trade and Development di questi giorni a Ginevra, dimostrando che il flusso in ingresso è raddoppiato, e oggi l'Italia incassa il 3% degli investimenti esteri mondiali.
Ciononostante, siamo al terz'ultimo posto tra i paesi avanzati e siamo ben distanti da un paese che ci è molto vicino: la Spagna.
Insomma, c'è tanta strada da fare, non corgioliamoci sull'inversione di tendeza. Non dimentichiamo, infatti, che rispetto agli anni 90, gli investimenti esteri sono di gran lunga inferiori.
Ma ritorniamo a quanto c'è di buono.
Gli investimenti vanno sostanzialmente in due direzioni: ricerca e sviluppo e valore aggiunto.
Due elementi importanti per le imprese, fattori che sono in grado di fare la differenza.
Differenza che significa competitività e redditività soprattutto nel comparto manifatturiero, il traino del nostro Made in Italy.
E sulla tecnologia, dove oggi si iniziano a cogliere i frutti di investimenti passati, certe volte in design, certe altre in prodotti specifici.
Insomma, qualcosa si muove.