martedì 22 maggio 2018

Le 3 occasioni perse dall'Europa e da Facebook all'audizione di Bruxelles (senza tasse e neutralità)

Ieri Mark Zuckerberg è andato all'audizione presso il parlamento europeo.




Sia l'azienda sia i politici hanno perso diverse occasioni nonostante i toni trionfalistici.



Il parlamento europeo ha perso la più grande occasione (di sempre, per dirlo in modalità Apple) per dimostrare l'importanza e la centralità della propria funzione. Non entro nel merito delle domande poste e nemmeno sul tempo dell'audizione, ma sul fatto che il Ceo di Facebook ha risposto a domande inviate precedentemente. Dove sta l'indipendenza? La cosa più incredibile è che di fronte ad uno degli uomini più potenti della terra in questo momento (piaccia o no è così) dei politici siano così disponibili a piegare la testa, quasi più preoccupati di poter raggiungere il proprio elettorato con Facebook rispetto alle questioni serie. L'impressione che il Parlamento Europeo sia subordinato pesantemente e con meno potere rispetto a quelli nazionali è, di fatto, evidente anche dalle reazioni dei politici inglesi che pretendevano, a causa delle Brexit che pesa tantissimo sulle loro teste, un'audizione personalizzata.







Facebook si è scusata, Zuckerberg si scusa, "eravamo impegnati sulle minacce di virus" è una mossa troppo puerile mesi dopo lo scandalo Cambridge Analytica. Ora si doveva parlare di fatti, di futuro, di mosse concrete, sono passati 40 giorni dalle audizioni americane, ci si attendeva qualcosa di più.
"Fake news, interferenze esterne nelle elezioni e uso illecito dei dati degli utenti restano un problema grave. Ci vorrà tempo per operare i cambiamenti necessari ma sono impegnato a stanziare gli investimenti necessari per risolvere questi problemi"

Ma non è tutto.

L'errore più grande commesso da Zuckerberg e il parlamento europeo è stato quello di rivolgere l'attenzione alle PMI, alle piccole aziende, coloro che non possono fare a meno dell'occasione di sfruttare i canali a disposizione delle proprietà di Facebook.
Perché è un errore? Parlare del 6% di introiti pubblicitari, della presenza di applicazioni anche della concorrenza non aiuta la discussione per l'Antitrust, e il grafico di ComScore lo dice chiaramente, dati di marzo.




Facebook non è un elemento terzo, trae guadagno dalla pubblicità che queste aziende fanno sui social e, guarda caso, ogni anno trova il modo di cambiare gli algoritmi di visualizzazione dei contenuti per fare in modo che le aziende debbano spendere di più per mostrare i propri contenuti. Di questo non si è scusato.
Se Tajani e Zuckerberg avessero voluto fare bella figura, non avrebbero dovuto parlare solo di regolamenti e di investimenti in Europa (per l'intelligenza artificiale che porta vantaggi solo a Facebook), ma di neutralità della rete, di tassazione, di libertà dei cittadini.
Invece no.
Peccato.





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