martedì 30 novembre 2010

Diplomazie digitali

Wikileaks è sulla bocca di tutti, sia nel bene, sia nel male.
Premesso che le prime anticipazioni rappresentano più che altro un
gossip, bisogna inquadrare il contesto e poi, volendo, esprimere dei
giudizi.
La diplomazia è un'arte antica, invito coloro che ne hanno
possibilità, a visitare l'Archivio di Stato presso i Frari a Venezia,
giusto per capire di che cosa stiamo parlando.
Leggiamo di ritratti psicologici e di abitudini dei potenti, fatti che
servono poi nelle varie trattative.
Dimentichiamo che i servi, proprio per la diplomazia, diventano
utilissimi per risolvere le contingenze.
Il fatto più grave, a mio avviso, è che erano stati secretate cose che
sono reperibili nei motori di ricerca, informazioni che sono scritte
sui giornali e questo, nel 2010, mi fa sorridere.
Quando ci si presenta ad un colloquio di lavoro, oggi si è già stati
perlustrati nella vita professionale e privata, grazie a "Google" e a
ciò che si scrive nei social network.
Che differenza c'è con i potenti?
La differenza c'è, eccome: hanno vissuto come dei re, tra corte e
privilegi che non andavano messi in piazza, e oggi si scoprono nudi e
vulnerabili.
Wikileaks si fa "pubblicità" proponendoci la sagra dell'ovvio e del
sentito dire, il problema vero è che i documenti veramente segreti e
che riguardano alcune nazioni non sono previsti.
Ecco, questa trasparenza non è da web.
E non è da 2010.

PS I giornalisti sarebbero messi sotto accusa da Wikileaks? Ma
Wikileaks, secondo voi, fa giornalismo d'inchiesta? Se è così, i
colleghi di Report cosa fanno?

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