mercoledì 4 aprile 2007

Socialmente

Quanto ha scritto Grazzo e Liguori, ieri, non l'ho commentato.
In questo periodo, mi manca il tempo e, sebbene da ieri pomeriggio si a più tranquillo (e oggi già virtualmente in vacanza), era bene fare qualche analisi sui dati (in formato Excel).
Scrivo di getto, sono le 7 e trenta del mattino e quello che verrà fuori sarà, probabilmente un casino. Tanto pubblicherò senza rileggere lo stesso.
Premetto che non ho basi di sociologia e quindi le mie riflessioni sono dettate dall'esperienza e dall'osservazione di alcuni fenomeni.
E poi, come sempre, sono qui per beccarmi le critiche.

Considero il dato grezzo degli ascolti TV delle 2.00 25.59 (che sono le 1.59 del giorno dopo).
Se si misurasse il successo solo in base ai dati, non si capirebbe come una Tv come Odeon, per esempio, riesca a raccogliere pubblicità.
Eppure sopravvive.
E Canale Italia allora? 13mila utenti, 0.13% di share. Sopravvive, ha degli opinionisti e programmi di grido.
Andiamo a prendere la radio, allora? Che dati ci troveremmo?
Tutto questo cosa significa?
Che la TV, come la radio e il web, è fatta di "comunità", che spesso non interagiscono, oppure sì, a seconda della volontà dell'editore e della trasmissione.
Faccio qualche di esempio.
Il primo che mi viene in mente mi riguarda: 105 Happy Days, poi Ambaradan di 105. Anni 98-2000.
Gli ascoltatori entravano in contatto con Marco Galli in due modi: telefonate in diretta, telefonate registrate sulla segreteria e montate in "rulli" all'interno del programma.
3 telegatti.
Poi potrei fare l'esempio, sempre radiofonico di Linus e Nicola, programma Deejay chiama Italia, che per osmosi fanno quello che fanno gli ascoltatori, addirittura partoriscono! Leggono le opinioni, parlano con gli ascoltatori e leggono fax e mail.
A Milano c'è una radio che parla di sport, si chiama MilanInter.fm. Toni pacati, niente musica, troppi interisti (ma questo è un problema mio). Di radio così ce ne sono altre, e Roma insegna il mestiere. Qui gli ascoltatori sono i protagonisti, con le telefonate in tutti programmi, le mail e gli sms che hanno sostituito il fax ed è un fenomeno sociale rilevante (a mio avviso).
Guardiamo le TV: ormai il sondaggio e il televoto è ovunque.
Le Private, poi, fanno del dialogo con i propri telespettatori il punto di forza. Lo scopo è intrattenere, OK, ma è qualcosa. E' una domanda che esiste e quindi qualcuno la soddisfa.
Ebbene, c'è una grandissima analogia tra il mondo delle radio e delle TV con il mondo web, una trasformazione lenta ma inesorabile che dimostra che esiste la voglia di chi ascolta o vede una trasmissione di intervenire, ma non necessariamente si desidera essere protagonisti.
Come per un avventore di un blog ha voglia interagire con il curatore e con gli altri lettori: qualcuno lo fa da protagonista, qualcuno in punto di piedi.
Questo bisogno non è tanto di produrre informazione, ma stimolare e rilanciare le discussioni, una sorta di assemblea permanente sui temi più disparati.
Quindi, l'audience intesa come utenti/spettatori unici inizia a perdere il suo peso, in favore del target di riferimento, delle tematiche trattate.
Contano, ovviamente, ancora i muscoli, ossia i numeri, ma non sarà sempre così.
"Siete voi che fate la rivoluzione" dice la Gazzetta.
Ma è una rivoluzione assolutamente pacifica e silenziosa.
Guidare, da editore, questa rivoluzione è un'impresa impossibile, da provare, ovviamente, ma non ci sono regole.
Insomma, la voglia di interagire, comunicare, parlare e confrontarsi è un bisogno crescente che ha implicazioni importanti.
Quando nel 98 ho scritto di Internet che avrebbe tolto spettatori alla TV non immaginavo la nascita di Youtube, ma era chiaro che dai portali si andasse incontro a piccole piazze dove crescere e accrescere.
I blog erano nati come diari, mentre oggi sono il mezzo a disposizione di tutti per informare. Questo è il bello di Internet: pensi a qualcisa e l'uso probabilmente sarà un altro.
Siamo all'inizio della rivoluzione. I segnali sono positivi.
fare capire ai centri media che gli spazi che acquistano non sono più quelli di una volta non sarà facile.
Ma questo è un fatto sociale evidente a tutti, che andrebbe analizzato a lungo e che riguarderà, tra qualche anno, anche la politica.
Già oggi cogliamo dei segnali: dal bipolarismo andremo incontro a tanti piccoli partiti, fino a giungere a ogni membro del parlamento che corrisponderà a un certo nucleo di elettori che dialogheranno in un blog-forum on line, sempre attivo.
Non quegli esempi finti, aperti in campagna elettorale.
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