martedì 28 marzo 2006

La germania

La Stampa di oggi ha un articolo, a pagina 16, firmato da Anna Masera, in cui si parla bene e con i toni giusti di quanto ha legiferato il parlamento tedesco in tema di pirateria di contenuti digitali. Lo riporto integralmente.
La Germania ha decretato che chi scarica da Internet per uso privato musica e film coperti da diritti d’autore rischia due anni di carcere, mentre chi lo fa a fini di lucro ne rischia ben cinque. La nuova legge antipirateria approvata ieri dal Parlamento tedesco entrerà in vigore dal primo gennaio del 2007, ma è già polemica: perchè oltre a essere la più severa d'Europa, introduce il reato di furto digitale equiparandolo a quello tradizionale. Cioè ogni «download» abusivo di contenuti protetti da copyright verrà punito come il furto di un dvd in un negozio.
Ormai tutti i Paesi europei stanno mettendo a punto le loro versioni della direttiva «Eucd» (European Union Copyright Directive), a sua volta ispirata dalla legge americana «Dmca» (Digital Millenium Copyright Act). Resta controversa e tutta da rivedere secondo l’opposizione la legge «Urbani» approvata l’anno scorso in Italia dal governo Berlusconi. E solo qualche giorno fa la Francia ha detto sì alla legge «Dadvsi» (Droits d'Auteurs et Droits Voisins dans la Société de l'Information): i navigatori francesi che scaricano illegalmente la musica o i film dal Web dovranno pagare una multa di 38 euro, mentre la multa è più salata - 150 euro - per chi mette questi brani a disposizione di altri internauti. Le multe aumentano fino a 300 mila euro e tre anni di prigione per gli editori di programmi per lo scaricamento illegale di musica e video. La nuova legge in Germania, il Paese con il più grande mercato economico nell’eurozona e la più alta percentuale di cosiddetti «letterati del computer», è il frutto di un’aggressiva campagna antipirateria condotta non solo dall’industria discografica, ma anche da quella cinematografica: infatti i tedeschi scaricano più di 20 milioni di film all'anno. I discografici tedeschi lamentano che a causa della pirateria il giro di affari nel 2005 è calato per il settimo anno di fila a 1.7 miliardi di euro, con vendite scese quasi del 45 per cento dal 1998. Secondo l’Ifpi (la Federazione dei produttori di dischi), il mercato tedesco della musica «rischia di non potersi riprendere» dai danni causati dalla pirateria.
Sul piede di guerra le associazioni per la difesa degli utenti, secondo cui la normativa li trasformerebbe in criminali e metterebbe in serio pericolo l'iniziativa del governo di creare un’economia «basata sulla conoscenza»: «Si invia così un segnale completamente sbagliato alla società. La legge criminalizza i consumatori e ostacolerà l'uso di Internet» dichiara Patrick von Braunmühl, portavoce della federazione tedesca delle organizzazioni dei consumatori. «Non è accettabile che ci si debba preoccupare di vedere la polizia bussare alla propria porta e sequestrare il computer di famiglia perchè un ragazzino di 16 anni ha scaricato qualche brano musicale». Brigitte Zypries, ministro della Giustizia tedesco, ribatte: «L'obiettivo non è quello di mettere le manette ai downloader nei cortili delle scuole», ma «se qualcuno scarica un film prima che questo sia uscito nei cinema ha accettato un’offerta illegale e ha lui stesso commesso un reato».
E’ qui che il meccanismo legale mostra il suo lato debole: perchè l'applicazione della legge, che sarà lasciata all’organo che promuove l’azione penale, appare alquanto difficile. Come avviene negli Usa, gli enti preposti a ricercare i pirati online potranno passare i dettagli ai produttori discografici e cinematografici che a loro volta potranno informare gli organi di polizia, che a loro volta potranno emettere gli ordini di cattura. Ma quanti poliziotti ci vorranno per stanare tutti coloro che, grazie alla diffusione della banda larga, si collegano a Internet da casa o dall’ufficio per scaricarsi la musica e i film? In Italia lo scorso gennaio il Gip di Treviso ha condannato un trentenne veneto che ha violato il copyright a 3660 euro di multa al posto della reclusione, ma i casi di applicazione effettiva della legge si contano sulle dite di una mano: la repressione non può colpire tutti i cittadini coinvolti, i tribunali si intaserebbero di procedimenti. E’ la fine dell’industria dell’intrattenimento? No: forse è la fine del un vecchio modello di business. La repressione non è una soluzione vantaggiosa per nessuno.

Nella stessa pagina, c'è un articolo a firma di Marco Zatterin in cui si parla di come potrebbe essere diverso il modello di business per la musica.



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