martedì 14 giugno 2005

Pirateria, P2P e musica

Ieri è stato pubblicato un documento da parte dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), di oltre 100 pagine.
Qui trovate la pagina riassuntiva in inglese e qui il link al documento da scaricare in formato PDF.
Quanto emerge è qualcosa che già tutti quanti sappiamo e che in questo blog è stato rimarcato molte volte: la musica è in difficoltà per motivi interni. La pirateria "spicciola" c'entra pochino, ma ovviamente c'entra. Ma vallo a spiegare ai nostri politici.
Se puntano sulle hit che giudicano loro e non il mercato, se fanno lievitare i costi di produzione, se non promuovono i cantanti giovani, è colpa della pirateria casalinga? Ma come, scopro da questo documento che lapirateria casalinga, quella delle cassettine degli anni settanta e ottanta, c'è sempre stata?
Che la gente spende i soldi in divertimento come i DVD e i videogiochi sottraendo investimenti nella musica?
Il documento fa una cosa esemplare: dimostra, conti economici alla mano, quelli che io chiamo i conti della serva, che gli incassi possibili siano nel migliore dei casi pari alle capacità di spesa del mercato. Teoria interessante, perché ci dimostra che le major ragionano in termini di pezzi di cd da vendere, non di cantanti e cantautori.
Lodevole la citazione per cui non è possibile considerare il danno procurato da una copia pirata come un costi di un disco, perché il valore supera la capacità di spesa del mercato. Mica male. Ma è chiaro che la Fimi e compagnia cantante fanno il loro gioco.
Ovviamente, e faccio l'avvocato del diavolo, il documento ha una serie di lacune. Va segnalato assolutamente che il P2P è una forma di concorrenza sleale, sebbene lo stesso indica nella lotta alla pirateria una forma di miglior protezione, con il DRM e via di seguito.
Il problema non molto citato è relativo ai prezzi e alle imposte sul valore aggiunto: un cd, come un DVD, costa di più nel nostro mercato e in generale in Europa. Tanto che, soprattutto per i DVD delle serie televisive, conviene acquistare i prodotti all'estero, risparmiando anche oltre il 60% per avere l'audio comunque in italiano e la confezione in inglese.
Se si valutassero anche questi aspetti, l'industria del divertimento ne uscirebbe davvero malconcia.
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