venerdì 27 maggio 2005

Su Confindustria

Molte le lettere ricevuto a riguardo del mio lunghissimo post riguardante le dichiarazioni di Confindustria sulla brevettabilità del software. Tra le tante, segnalo il messaggio di Claudio.
Qualche "piccola" considerazione sul testo di Confindustria.
Punto primo
Fate un minimo di chiarezza nelle vostre menti illuminate, tra proprietà intellettuale e brevetto. Se io acquisto un libro che cosa compro? I diritti di lettura, quelli di sfruttamento commerciale o di copia? Ho acquistato un oggetto fisico (carta + scrittura+ immagini) o la fruizione del suo contenuto?
Punto secondo
Accordi di licenza incrociata. Mi pare che il paragone con le automobili (tanto care al Presidente Bellicapelli o Libera e Bella, a scelta) sia calzante: FIAT auto produce pneumatici, carburatori, ammotizzatori ecc, oppure le acquista da terzi mettendo poi in vendita motori marchiati FIAT? Terzisti e subfornitura non hanno voce in capitolo? Acquistiamo automobili completamente assemblate e studiate dall'R&S delle varie case, che "studiano e mettono insieme al meglio prodotti costruiti da altri". La logica di costruzione è quella di una qualsiasi architettura informatica, che mette insieme SW e HW per rispondere a una esigenza di mercato. Ma i componenti interni non vengono mai nominati, se non nelle costose elaborazioni, che
fanno rima con le customizzazioni dei SW. Eppure non mi pare che Michelin, FIAMM, Magneti Marelli, Weber (solo per citare alcune aziende) non posseggano al loro interno reparti di R&S...
Punto terzo
Sei io brevetto la "proprietà intellettuale" di una bottiglia. Vale per qualsiasi contenuto? Brevettare un'idea può essere molto pericoloso. Un esempio seguendo la logica del documento di Confindustria: sarebbe possibile effettuare interventi migliorativi su un prodotto/idea e, in seguito brevettarlo, oppure questa facoltà ce l'ha solamente che l'ha brevettato per primo? Se io voglio scrivere un programma di videoscrittura che faccio? Parlo con Microsoft (mitico EDLIN), con Wordstar o altri? Chi vuole brevettare o andare in SIAE per depositare il concetto di "ruota" o "fuoco"? E poi non scanniamoci se qualcuno vuol brevettare i prodotti dell'ingegneria genetica, che mi pare richieda qualcosina a livello di investimenti in R&S!
Punto quarto
Che fine possono fare i progetti "nati in uno scantinato dalla passione di due ragazzi che, con il loro entusiasmo, idee innovative e una buona dose di fortuna", possono portare, passo dopo passo, alla creazione di grandi aziende? La citazione di Bill Gates non è a caso.
Punto quinto
Gradirei chiarezza sull'oggetto del contendere. Se una va all'Ufficio Brevetti e riempie i moduli si trova davanti a categorie ben precise. Chiunque ha mai provato a proteggere in qualche modo un progetto, un piano di comunicazione, o semplicemente un'idea, sa che non è possibile. Si brevetta solamente qualcosa di tangibile, come un oggetto, una materia prima, un qualcosa di fisico, anche un disegno. Ma la proprietà intellettuale è un'altra cosa. Se si va alla SIAE con un piano di comunicazione, o un progetto di una pubblicazione, quand'anche venga accettata, basta variare minimamente il contenuto (cosa che con un minimo di esperienza si fa in zero secondi) per avere una "cosa" uguale, anzi identica, forse anche migliore!
Punto sesto
Ma cavolo! non sapevo che per avere idee bisognava essere una grande impresa... Proprio nel Paese della microimpresa a carattere famigliare. Il problema dell'accesso al credito in Italia esiste perchè le banche per decenni hanno erogato fondi a pioggia alle grandi imprese, ma centellinato i crediti alle PMI e al popolo delle partite IVA. Chi ne possiede una sa benissimo cosa significa andare in banca a chiedere un fido o un prestito... Guarda caso, poi sono proprio le grandi aziende (quelle magari coi bilanci taroccati e facilmente taroccabili) che hanno più facilità ai fondi UE.
Punto settimo
Questo mi sembra il frutto di menti stanche, senza idee e confuse. Se i nostri imprenditori illuminati tornassero a fare il loro lavoro, anzichè utilizzare la propria azienda e il loro business per fare "ingegneria finanziaria" (molto più redditizia nel breve, ma letale nel lungo periodo), allontanandosi dal loro core business, sarebbe un bene per tutti. "Tornare a lavorare" potrebbe essere una nuova filosofia che darebbe linfa vitale alle nostre aziende, il cui management sembra afflitto solamente dalla preoccupazione di assomigliare sempre di più a Briatore (bella vita e belle donne), piuttosto che far funzionare al meglio la propria azienda.
L'anonimato non piace, parola di Montezemolo.

Che dire di più?
Ringrazio, tra i tanti, Rosanna, Paolo, Stefano ed Enrico (che ho ritrovato dopo tanti anni) per i loro contributi, anche se il messaggio di Claudio ne condensa i pensieri e li rilancia.
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