martedì 3 agosto 2004

Ma i videogiochi sono cultura?

Mi sono infilato in una discussione senza fine. Ho polemizzato con una serie di illustri membri del mondo dei videogiochi qui in Italia. Una discussione che sta diventando davvero esagerata nei toni e nei modi.
Cercherò di fare ordine. Da sempre cerco di evitare di andare alle convention aziendali di questo mondo che, per come è connotato in Italia, non funziona assolutamente bene.
Questo non significa che non faccia qualche eccezione, ma è da un po' che non ne faccio. E continuerò su questa strada. I videogiochi non usciranno mai dal ghetto in cui si trovano, ossia in prodotti di intrattenimento di serie C, fintanto che il mercato è in mano a dei dilettanti allo sbaraglio, anche se con le dovute eccezioni (anche in questo caso, e poi non mi piace fare di tutta un'erba un fascio).
I videogiochi non sono cultura, non sono considerati prodotti culturali nemmeno negli Stati Uniti e in Giappone. Per ora sono una forma di intrattenimento, e sono tra i pochi che paragona fare giochi a fare televisione, che con la cultura, nella stragrande maggioranza dei casi, non c'entra nulla. Non è un passo da poco, secondo me. Ma c'è chi non la pensa così.
Mi si dice che i giochi sono cultura, che hanno trasformato la vita di milioni di giovani. Ci si sono messi anche fior fiore di capiredattori di testate storiche per convincermi. Ma non c'è nulla da fare. I videogiochi hanno avuto un'influenza sulla musica, prevalentemente dance, e sui video musicali. Per il resto tutto è da dimostrare. E credo che obiettivamente ci si debba mettere d'impegno.
I videogiochi sono il condensato di altre forme di espressione e sfruttando il digitale e le connessioni, aprono nuove strade e nuovi orizzonti.
Credo che a sdoganare i videogiochi saranno la tv digitale terrestre e i telefonini, ma non nell'immediato. Se il mondo dei videogiochi conta numericamente più del cinema, se contiamo anche la vendita delle console di gioco e le schede grafiche per PC, è altrettanto vero che il cinema conterebbe infinitamente di più se contassimo i sistemi home theatre, i videoproiettori, le poltrone, le patatine e i pop corn, le bibite, i decoder satellitari e la vendita delle televisioni e dei videoregistratori.
I numeri, da sempre, si possono leggere in molti modi, ma sono sempre dei numeri. Se li si interpreta correttamente, si possono avere dei dati interessanti.
Lascio una traccia. Quanto costa un DVD di un film e quanto un videogioco per console? In quanti fruiscono del dvd e in quanti del videogioco? Che longevità ha il DVD e che longevità ha il videogioco?
Se Matrix è un "momento culturale", Enter the Matrix non è semplicemente una buona occasione commerciale? Esiste una cultura in Quake o in the Sims?
Prima di raccontarci, tra pochi intimi, delle storielle, pensiamo a che cosa ha prodotto questo mercato in Italia dagli anni 80 ad oggi: quanti posti di lavoro e interesse generale?
Non è mia intenzione insegnare niente a nessuno, anzi preferisco imparare! Ma scendiamo, tutti quanti, sulla terra.
E devo una risposta a Max: in Giappone la più importante rivista di videogiochi vende più di un milione e mezzo di copie al mese (è settimanale). Quanto vendono quasi tutte le riviste europee messe assieme! Ma quanto costa, in proporzione al pane, al latte e alla carne un videogioco in Giappone e quanto costa qua in Europa?
Facciamo delle proporzioni e forse potremo capirci di più, soprattutto potremmo cogliere delle occasioni.
Non so se n-gage o la psp saranno il divertimento in movimento per il futuro. Di certo credo che milioni di persone giocano con i cellulari per ingannare il tempo e che milioni di persone avranno una piattaforma di gioco standard in casa. Ma per ora non è interesse di molti questo mercato. Tutt'altro che potenziale.
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